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RaccontiStefania Castella

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15 Ottobre 2016
Una su cinque
di Stefania Castella



Una su cinque
una ballerina di
danza classica

Le forcine tieni su bene, forza, tira su le spalle e vai. 

La luce accecante abbaglia, vai avanti per inerzia e pure per l’adrenalina, ti sale dal dolore, col dolore. Dalle scarpette alle punte dei capelli. Sorridi, sorridi e luccica. E vola. Nessuna farfalla potrebbe essere più leggera e pesante al tempo stesso. Avevo così pochi anni quando sgambettavo sfiorando il bordo del tavolo. “Ce l’ha nel sangue, guarda come si muove” Ce l’avevo nel sangue, sapevo che quello era ciò per cui avrei lottato per tutta la vita.

 

E a molte di noi è molto di quello che resta. Quello e basta. Null'altro che roteare nell'oblio di un fruscio che ti restituisce la vita. A molte la vita si sospende a momenti, molte per tenerle in piedi se le portano via, le rialzeranno attaccandole a un tubo. Non avrei creduto, che potesse essere… “Come stai?” “Bene” “Hai mangiato?” “Uno yogurt” Una mela, una banana, una, una sola, una. Vinco io, solo acqua. Quanta forza ci vuole a sembrare leggere. Volteggia, rotea, luce che piega. Sono dama, sono cigno, sono amore…

 

Sono io, sono altro. Sono luce sono aria. Inchino e poi nero, non vedo che nero che cala sugli occhi. Batto un gomito urto una tempia, vedo la mia forcina sciogliersi ribellandosi, l’ultima cosa che vedo luccicare. Poi sono ricordi che si intrecciano e rincorrono. Io bambina, io che volteggio felice, sorrido. Leggo l’orgoglio di mia madre negli occhi eppure…Percorro una strada, mi porterà via, guardo una foto, sono così giovane riempio la mia valigia lucida di sogni con su scritto fragile, a mente. Allungare la mani, il treno che parte, i sogni che cambiano volano più alti. Aspetta, nel riflesso del vetro sono ancora bambina, qualcuno sorride sono un po’ grassottella, per come per quanto una bimba può esserlo…

 

Seduta discendo, ironia, per salire discenderò infondo, e somiglierà a inferno più bruciante delle vesciche che bloccherebbero i piedi. Mangiare, un pezzo alla volta, eliminando un pezzo alla volta, e sentire nel buio la fame ancora imperterrita, odiarla, mangiare cacciar via, ricominciare. Luccica luccica e volteggia volteggia, e piegati, contano le vertebre in fila sulla schiena. Anoressia bulimia, parole fino ad allora sconosciute che danzano compagne di viaggio con noi. “Bella ma ancora un po’ troppo…” Sono troppo, quaranta miserevoli chili, sono troppi sul corpo leggero di una ragazza bambina che urla il suo sogno, che farebbe di tutto per stringere il suo sogno, anche annullarsi, moltiplicandosi nella visione di se stessa allo specchio, studiando se stessa da ogni angolatura. Sedici, diciassette, diciotto.

 

Gli anni della bellezza, della giovinezza dei progetti, dei sogni. Nei sogni c’era la danza. Nei sogni c’erano piedi, li vedo allineati perfetti, file su file senza mai sforare. Battere e levare la sento la voce maestra, sento mentre spinge sulle mie spalle e vado giù e spingo il mio corpo a rispondere a me, a rispondere anche quando non vuole. Il mio corpo risponde “Sei ancora troppo pesante tesoro” Sono alta, molto alta, sono magra, molto magra, sarò magra troppo magra. Magra da far impallidire mia madre le volte che tornavo a casa. “Dovremo ricomprare tutto il guardaroba” Prima scherzava, anch'io ci scherzavo. la bimbetta rotonda, il costume e le righe un po’ troppo allargate tra vita e fianchi. E sai che non sei più così eppure ritorni a diventarlo più spesso, sempre più spesso. I risolini delle altre vicine…

 

Le avrei messe a tacere mentre taceva la fame, taceva il mio fluido sangue bloccato nel corpo. “Voi non riderete di me” nessuna ride di un corpo leggero, nessuna può ridere della forza che hai a comandare il tuo corpo. Gli farò vedere chi sono. Ho puntato il mio arco e scagliato la mia freccia salito i miei gradini, raggiungendo il punto più alto, da lì cadere è stato un momento, spinta giù che la verità si paga. “Una su cinque” lo dico e non mi vergogno, e non ho paura “Una su cinque. Anoressia” sulla liscia scacchiera cadono pezzi di perfettissima forma, il tempio amatissimo non può digerire le parole che non possono più essere taciute. Cambierà cambierà, danzerò come me tante, e tornerò lì dov'era il mio posto, per amore di quella che è stata la vita, per lo spirito indomito che ci spinge a lottare superando noi stesse, per me, per le altre, la danza che amiamo non ci toglierà la vita. Pur essendo per noi tutta quanta la vita.

 

Adesso respira, trattieni, risorgi volteggia…








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