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23 Febbraio 2011 Loretta Strong di Gessica Franco Carlevero
Essenziale ed eccessiva allo stesso tempo. Così appare la messa in scena offerta dai Marcido Marcidoris Formosa Mimosa di Loretta Strong, opera del 1974 scritta dall'artista franco argentino Copi. La pièce, diretta da Marco Isidori, si regge sostanzialmente su due elementi: l'astronave creata da Daniela dal Cin e l'interprete, Paolo Oricco. La navicella spaziale, innanzitutto. Si tratta di un grande disco cui, mani e piedi, è legata la protagonista. In questo caso l'astronave non si limita ad essere una trovata scenografica. La navicella, così rappresentata, diventa il fulcro del significato dell'opera. Sintesi del caos spaziale, del disordine cosmico e del vortice mentale della protagonista. "La tentazione di mettere in scena qualche lavoro del poeta franco-argentino - racconta Marco Isidori - non è recente dalle parti della Marcido; ma soltanto quando una folgorazione scenografica alla quale non si poteva disubbidire, ci ha fatto ritener possibile la "costruzione" di un'"Astronave" (parto di Daniela Dal Cin!) veramente e potentemente adeguata alla folle parabola del "discorso" che Copi ha inventato per esprimere il personaggio della Strong, soltanto allora abbiamo sciolto gli ormeggi e ci siamo imbarcati per far diventar Teatro il testo in questione". Il secondo elemento che contribuisce alla piena riuscita dello spettacolo è il protagonista, Paolo Oricco. La sua interpretazione esaltata e le espressioni affettate assumono grande valore in contrasto con la posizione di costrizione cui è sottoposto. L'attore diventa un corpo unico con la macchina: ne determina l'oscillazione e allo stesso tempo subisce la sua limitazione. Loretta, sola in orbita, ha una missione: portare l'oro su un altro pianeta per coltivarlo. Durante il viaggio le continue telefonate interspaziali con l'amica Linda raccontano l'andamento delle cose. La donna si accoppia con pipistrelli e partorisce frigoriferi, trova uova d'oro e incontra uomini scimmia. Loretta talvolta pare crocefissa all'assurdo, al mondo surreale in cui cerca rifugio per allontanarsi dalla respingente realtà. Le battute vengono pronunciate a ritmo serrato, i temi ritornano, si ripetono. Le frasi stesse si riciclano diventando ritornello, Pronto Linda, per esempio, espressione che a un certo punto pare più un intercalare. Per sessanta minuti Oricco rimane inchiodato al disco volante ondeggiando continuamente il corpo in atteggiamenti sensuali, provocanti, sconvolti. E per tutto il tempo parla. Le parole via via perdono di significato diventando mantra psichedelico, leitmotiv cui lo spettatore finisce per abbandonarsi. "Paolo Oricco 'è' Loretta", sostiene il regista. Durante lo spettacolo effettivamente emana una carica coinvolgente e trascinante, incarnando perfettamente l'aggettivo, Strong. Alla fine, quando l'attore abbandona la postazione per ricevere gli applausi del pubblico, la sua figura, esile e sottile, abbarbicata sugli stivaletti rossi, evidenzia la trasformazione avvenuta durante lo spettacolo in cui Loretta pareva davvero maestosa.
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