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10 Novembre 2010 Uomini e topi di Gessica Franco Carlevero
Una struttura di acciaio in mezzo al palco vuoto. Il suono di cicale. Si apre in un'atmosfera romantica Uomini e topi, ultimo lavoro dell'Accademia dei Folli in scena alla Cavallerizza Reale di Torino fino al 21 novembre. La costruzione centrale si rivela essere un albero che risuona. Il gruppo di musicisti è abbarbicato sui rami e accompagna l'ingresso dei protagonisti, George e Lennie. "Io starei così bene se non ti avessi tra i piedi" esordisce il primo. Lo spettacolo, tratto dal romanzo di Steinbeck, racconta l'avventura di due "paisanos" in viaggio verso un ranch dove troveranno lavoro come braccianti. Lennie è un ragazzo molto forte ma con problemi mentali. Tocca tutto ciò che lo colpisce, non riesce a controllare la propria forza e ogni volta finisce nei guai. D'altro canto George è solo al mondo e nell'aiutare l'amico ha trovato una ragione di vita. I due condividono un sogno: comprare una tenuta e allevare conigli, la passione di Lennie che ne desidera di tutti i colori. "Gli altri braccianti non hanno avvenire, invece per noi è diverso, perché tu pensi a me e io penso a te". Il sogno dei due però si infrange. Nella fattoria si aggira la giovane moglie del figlio del padrone e Lennie rimane colpito dalla ragazza. I due si incontrano in riva al fiume e ancora una volta il giovane non riesce a dominare il proprio corpo. Con l'intenzione di accarezzare la bella fanciulla, infatti, perde il controllo e finisce per ammazzarla. George, il fedele compagno, a questo punto non ha che una possibilità per salvare Lennie dalla furia violenta del padrone, uccidere l'amico. "Ne ho visti tanti nei ranch, tutti lo stesso sogno, la casa, i conigli, ma mai nessuno che ci arrivi". L'interpretazione dell'Accademia dei Folli si concentra sul valore dell'amicizia. Lennie appare ingenuo, fa tenerezza e George è bonario, paterno. Lo spettacolo pone l'accento su sentimenti positivi come la comprensione e la compassione. Gli attori danno voce a personaggi buoni e semplici. La recitazione, un poco affettata, contribuisce a creare un'atmosfera che rimanda ad un idilliaco mondo fantastico. La ripetizione di alcune espressioni di George risuona come un vecchio ritornello, ma talvolta risulta didascalica e rallenta il ritmo dello spettacolo. I musicisti suonano brani molto famosi di Bob Dylan, Leonard Cohen, sottolineando un senso di nostalgica genuinità. L'impressione è che lo spettacolo, nonostante la fedeltà al testo di Steinbeck, proponga una versione un po' edulcorata del romanzo, con il rischio di sembrare una sorta di favola infelice.
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