 |
21 Giugno 2010 Seuls di Gessica Franco Carlevero
di Wajdi Mouawad, 16 e 17 giugno 2010 Teatro Astra, Torino Artista associato al Festival di Avignone nell'edizione 2009, Wajdi Mouawad giunge per la prima volta in Italia ospite del Festival delle Colline Torinesi. Seuls tratta la storia di Harwan, un trentenne canadese di origine libanese. Alla vigilia della consegna della tesi di dottorato, il protagonista comincia ad interrogarsi sul senso della vita, sulle circostanze che conducono gli essere umani a vivere un'esistenza piuttosto che un'altra. "Che cosa sarei se fossi rimasto in Libano?" - si chiede il protagonista. A scuotere Harwan sono l'indifferenza, il letargo in cui ciascuno conduce la propria esistenza. "Viviamo la nostra vita come se fosse una bozza, non rendendoci conto che è proprio questa bozza la nostra vita". Per una serie di circostanze Harwan si ritrova a trascorrere una notte in una sala del Museo dell'Hermitage a San Pietroburgo. Tra realtà e immaginazione il personaggio ha un lungo incontro con il padre e con le proprie origini. Affiorano ricordi di infanzia, "Ricordi l'odore del timo cotto? Ricordi il nettare delle pere selvatiche? ". Lì Harwan guardava scendere le stelle cadenti e credeva che fossero stelle guerriere, le più coraggiose di tutte, che cadevano, sacrificando la loro vita, per salvare il mondo, per evitare un male. E così quando un giorno un professore gli chiese: "Harwan, che cosa vuoi fare da grande?". "La stella cadente", rispose. Da bambino dipingeva cieli notturni, voleva fermare, su un'unica tela, l'infinità di stelle che riempiva il cielo. Col tempo il protagonista sente di aver perso la propria "visione", di essersi appiattito ad un essere qualsiasi. Bisognerebbe cavarsi gli occhi per vedere dietro quello sguardo precostituito tipico dell'età adulta, della massa. Se la prima parte dello spettacolo è giocata sulle pause, i minimi gesti e i silenzi, nel finale la situazione prende un ritmo concitato. Mouawad si lancia in un action painting sfrenato, invade se stesso e il palco di colore. Una forza, fino a quel momento inimmaginabile, si impossessa dell'uomo che tenta di tornare alla vita con una violenta esplosione di colore. Nelle due ore di spettacolo si alternano momenti ironici, profondi, intimi e sfrenati. La lingua del testo è letteraria, piana, corretta, come a voler indicare la non piena appartenenza alla cultura canadese. Ogni elemento dello spettacolo è calibrato e al servizio dell'organicità dell'opera. Il Festival delle Colline Torinesi ha offerto al pubblico italiano una preziosa possibilità di conoscere il lavoro di Wajdi Mouawad, autore già molto apprezzato e riconosciuto nel resto del mondo.
|
|
 |
 |
Recensioni 
|