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28 Maggio 2012
Il Grand Canyon del Verdon
di Danilo Gnech


Il Grand Canyon del VerdonIl Verdon è anche chiamato ‘Fiume di giada’  per la sua straordinaria bellezza e per le sue acque che vanno dal turchese al verde. Nasce nel massiccio dei Trois Evèches e si getta nella Durance. Lungo il suo percorso zigzagante, tra Castellane  e La Palud, ha scolpito il Canyon più grande d’Europa (e secondo al mondo solo a quello del Colorado) conosciuto come Gran Canyon del Verdon. Sono venti chilometri di scorci panoramici  spettacolari che, visti dall’alto, sembrano usciti da un film.

Le gole furono esplorate per la prima volta da Emile Martel che, nel 1905, organizzò una spedizione, incontrando grandi difficoltà nella zona detta "l’Imbuto del Verdon". Qui le pareti di roccia si stringono e per un tratto di 400 metri il fiume sparisce sotto un insieme di massi erratici. Le tre barche utilizzate per la spedizione vennero distrutte dalle rapide che, poco prima che l’acqua sparisca tra le rocce, sono molto forti. A tal proposito il geologo scrisse: ‘ci troviamo in fondo ad un pozzo: le nostre braccia innalzate quasi toccano le pareti che, quattrocento metri più in alto, brillano al sole; in basso è quasi notte nella prigione d’acqua che ruggisce in uno spettacolo coinvolgente ed entusiasmante’.  Il Canyon è lungo circa tre chilometri e le pareti si inalzano per quasi quattrocento metri. Sul fondo, il letto del fiume è percorribile lungo il famoso sentiero Martel che, superate alcune gallerie nella roccia e una scalinata verticale di circa 50 metri, costeggia il letto del fiume.

Proseguendo verso La Palud, la strada si infila tra le scoscese pareti del corridoio Samson, il cui nome rievoca la forza del mitico Sansone. Il villaggio di La Palud è situato alla fine del Canyon: qui sono state trovate le più antiche vestigia dell’uomo abitante questa zona. Proseguendo sulla strada delle creste, si raggiunge La Maline, da dove si può ammirare dall’alto la falesia dell’Imbuto del Verdon. La natura è selvaggiamente bella. Non è difficile avere la fortuna di vedere, tra i cespugli e le rocce a strapiombo, qualche famiglia di stambecchi.

Ed ecco che appare, sullo sfondo,formato dalle acque del Verdon, il lago di S.te Croix. Dopo l’orrido della valle ed il fragore delle acque del fiume, il respiro azzurro del lago è un ristoro. La strada ora prosegue per Moustiers Sainte Marie. La deliziosa cittadina deve le sue origini ad un gruppo di monaci provenienti dall’isola di Lerino che qui fondarono un monastero nel 433. Spettacolare è la chiesa di Notre Dame de Beauvoir posta su uno sperone roccioso raggiungibile attraverso uno stretto sentiero che, a passo d’asino, parte dal villaggio e si inerpica sulla roccia, offrendo splendide vedute sul paese e sulla valle circostante. Sulla gola ove sorge il santuario è sospesa una grossa catena lunga 220 metri che congiunge le rive e regge, in centro,  una stella dorata. Molte le leggende nate intorno a questo evento, ma la più bella è quella ripresa anche da Fredreric Mistral, grande poeta provenzale. Egli racconta che, durante le crociate, il cavaliere Blancas d’Aups, prigioniero dei Mussulmani in Terra Santa, fece questo voto a Nostra Signora delle Rocce:

"Ai tuoi piedi, Vergine Maria,
Appenderò la mia catena
Se mai tornerò a Moustiers
Che è la mia patria".

Ritornato a casa, mantenne la promessa e la stella e la catena sospese nel vuoto sono diventate il simbolo leggendario di Moustier.

Roger Vardegen, studioso del Verdon, ha definito questa zona  ‘…un miracolo della Provenza…’. Ed è veramente così. Solo un miracolo della natura, infatti, poteva creare una cosi straordinaria varietà di ambienti e paesaggi: rapide vorticose e tranquilli specchi d’acqua, gole buie e impervie e assolati altopiani, roccia e distese di lavanda. Un angolo di Francia che non si dimentica facilmente.







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