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Cultura - TeatroFranco de Carli

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16 Maggio 2018
L'alluvione - dramma in cinque atti (primo atto)
di Franco de Carli


L'alluvione - dramma in cinque atti  (primo atto)
ATTO PRIMO

La scena rappresenta una stanza in una cascina, denominata Alto Podio, sulla sponda veneta del Po. Sulla parete di fondo vi è una porta bassa, robusta, che dà fuori casa: subito appresso una scala in legno che porta al piano superiore attraverso una spaccatura del soffitto. Sulla parete di sinistra un'ampia apertura, a forma di arco, conduce alla stalla. Sulla parete di destra una porta: ai lati un armadio e più avanti una stufa. In mezzo alla stanza un tavolo rosso, robusto con seggiole intorno. Sotto la scala un cassettone, sopra una radio. All'inizio dell'atto sulla scena è presente Guglielmo, siede al tavolo, legge il giornale e fuma. Dopo un po' dalla porta di fondo entra Federico. Sono due giovani alti, robusti: Guglielmo è più vecchio di una decina d'anni, ne dimostra una trentina: ha i capelli neri, lucidi, ben pettinati, porta i baffetti tagliati sottili, veste elegantemente un abito scuro, l'espressione del volto è preoccupata, nervosa. Federico è più semplice nel volto e nel portamento: è in tenuta da lavoro con alti gambali, indossa un maglione pesante. Ha sulle spalle attrezzi da lavoro, un badile, un piccone che posa a lato della porta. Ogni tanto si sente dalla stalla il muggito dei buoi. E' già oltre il tramonto e fuori l'oscurità è completa. La scena è illuminata dalla luce gialla di una lampadina che pende in mezzo alla stanza.


PERSONAGGI:
  • Nonno
  • Madre (nuora del nonno)
  • Lucia (moglie di Guglielmo)
  • Guglielmo e Federico, fratelli, nipoti del nonno
  • Lucia (moglie di Guglielmo)
  • Gabriella (fidanzata di Federico)
  • Uomini e donne delle cascine, fra cui: :
  • Vecchio
  • Filippo
  • Ingegnere
  • Tre margiari
  • Donna col bambino
  • Prete
  • Due ubriaconi
  • Uomini del posto di raccolta degli alluvionati
  • Cori del quarto atto:
  • Coro I) una decina di uomini
  • Coro II) una decina di donne
  • Coro III) quattro uomini
 
 
  • Federico: Guglielmo, hanno notato che non c'eri
  • Guglielmo: Non c'ero! Per me che diluvi o faccia sole è tutt'uno: non amo la terra.
  • Guglielmo: (sprezzante) Che san fare i bifolchi oltre a questo? Lo facciano. Non basta il lavoro ordinario che già ti fa logorare le mani: anche lo straordinario, no! La terra può chiedere quello che vuole: può accanirsi contro di noi come le pare e piace: per me è una nemica schifosa e la ignoro, la detesto.
  • Federico: Non hai torto: ma ne va di tutto ciò che abbiamo. Io non m'immagino un'alluvione, ma, a detta di tutti, sarebbe un disastro per i nostri campi.
  • Guglielmo: Alla malora! V'incretinite uno con l'altro.
  • Federico: Scendi a vedere il fiume.
  • Guglielmo: Tu l'hai visto e ti ha commosso le budella!(ironico) La paura di quattro vecchi rimbambiti è contagiosa.
  • Federico: (risentito) Contagiosa o no, è sempre meglio temere il peggio. Se oggi non avessimo alzato l'argine di un metro, ora saremmo a mollo. Queste cose sono lontane da te come la luna, ma anche la luna non c'entra: i giornali dicono che è colpa della luna se il fiume è in piena.
  • Guglielmo: E' perché non del sole che non ha asciugato l'acqua?
  • Federico: Forse anche del sole,
  • Guglielmo: ... e delle stelle,
  • Federico: Io riferisco. Il giornale ha parlato della luna: qualcuno ne sa più di noi. Se poi ha inventato, è una carogna.
  • Guglielmo: E lo è, perché ha inventato. Un anno fa dovevano muoversi i giornali a far riparare gli argini! Se questo diluvio è opera della luna, lo sapevano già anche allora o potevano prevederlo. Ma i giornali, niente! I giornali sono fatti da gente comoda, seduta in uffici riscaldati, pagata profumatamente: ogni giornale dice male dell'altro e non ha tempo per queste cose. Poi queste cose succedono: allora c'entra la luna. E' come dirci, pigliatevela con lei, vi compiangiamo, ma con la luna non c'è niente da fare, è lontana, è fatale, poverini, e noi siamo qui a lavorare di zappa e badile nel fango ad innalzare un argine che cadrà al primo urto.
  • Federico: Anche tu credi che non possa tenere?
  • Guglielmo: Io non credo a nulla. Ti ho già detto che non me ne importa niente. Hanno notato che non cederà ? Bene! E che hanno detto?
  • Federico: Che sei una carogna!
  • Guglielmo: Anch'io? Ne sono felice. Vuol dire che mi considerano come uno di quelli dei giornali. Lo piglio come un augurio.E tu mi credi una carogna?
  • Federico: Un po' lo siamo tutti. Stavamo lavorando come negri e dalla parte opposta del fiume è passata una processione con tanto di parroci in testa: pregavano che il fiume non rompesse da loro, ma da noi. Dio starà giocando a testa e croce per sapere da che parte deve fare rompere l'argine, perché anche da noi abbiamo fatto voti e preghiere. Se il fiume rompe di qua, credi che Dio esaudisca loro?
  • Guglielmo: Ti torno a ripetere che non credo a niente.Ma se Dio fa rompere dalla parte dove ci sono più carogne, fa rompere di qua, stanne certo. Quando succedono malanni, Dio è sempre fuori casa, preghiere o non preghiere. Regolarmente ogni anno c'è la grandine, e mica quella che rompe qualche tegola, ma quella che maciulla il grano come in un mortaio. Bene. Passano pochi minuti e giù ogni volta peggio. Dio si è dimenticato di noi: dice la mamma. Oh no, dice Lucia, Dio ci punisce! Ma di che cosa? Questo lo sa solo Lucia. Ora con l'alluvione è lo stesso: prega di qua, prega di là: Dio se ne infischia e la manda dove vuole.
  • Federico: Vai in città?
  • Guglielmo: Sono fatti miei.
  • Federico: Non è la prima volta che mi metti al corrente dei tuoi affari.
  • Guglielmo: Hai soldi?
  • Federico: Neanche il becco di un quattrino. Ma questo non ti da diritto di tacere: il tuo debito è grosso, lo sai!
  • Guglielmo: Lo ricordi continuamente!
  • Federico: Se non lo ricordo io?
  • Guglielmo: Ce l'ho sempre in mente, te l'ho già detto.
  • Federico: In mente, in cuore, sulle labbra, me lo dico sempre, ma nelle mie tasche mai..
  • Guglielmo: E' difficile realizzare ciò che voglio.
  • Federico: Che c'è di nuovo?
  • Guglielmo: Un posto da autista, me l'ha comunicato un mio amico questa mattina.
  • Federico: Ah, quella letterina profumata!
  • Guglielmo: Un'amica, sì, in città le donne valgono più degli uomini.
  • Federico: Chi è?
  • Guglielmo: Una donna, né bella, né brutta, né buona, né cattiva: sa fare. Non lo fa gratis, come le donne di qui. Pretende ed ha bisogno di soldi.
  • Federico: Se ti rivolgi a me è come spillare vino da una botte vuota.
  • Guglielmo: Senti! Quattro anni fa ho regalato a Lucia quella collana d'oro per la nascita di Carlo. Bisogna trasformarla in denaro. Ho un amico che me la paga come nuova.
  • Federico: Sarà! Parlane a Lucia In quest'istante dalla porta di fondo entra il nonno: dimostra una settantina d'anni, è alto, magro, il volto lungo, scarno, porta gambali come Federico. Ha un'ampia giacca sopra il maglione e una sciarpa al collo, sul capo ha un berretto di lana. Ha gli attrezzi sulle spalle e li posa vicino a quelli di Federico; si libera della sciarpa e del berretto. Ha radi capelli bianchi.
     
  • Nonno: Di che cosa parlate, Federico?
  • Federico: Nulla, del tempo che farà domani.
  • Nonno: (a Guglielmo) Ti credevo partito.
  • Federico: E' indeciso per via dell'alluvione, nonno.
  • Nonno: Ah, per fortuna non sei cieco. Due braccia di più sarebbero state utili oggi. Guarda che sta partendo il turno di notte.
  • Guglielmo: Ho altro per la testa.
  • Nonno: (a Federico) E i ragazzi?
  • Federico: La mamma li ha messi a dormire.
  • Guglielmo: (al nonno) Lucia non c'è?
  • Nonno: Fa il suo dovere sull'argine del fiume. O sei un criminale o un incosciente, Guglielmo. Non ti ho mai odiato tanto come in queste ore in cui tutti noi lottiamo per sopravvivere. Tradisci la tua famiglia, la società.
  • Guglielmo: La società! Credi proprio che io senta di tradire la società che viene a dirmi che questo diluvio dipende dalla luna? Ognuno segue i propri affari fuori di qua, come se niente fosse: anch'io avrò diritto di seguire i miei.
  • Nonno: E ti prepari ad andartene di notte, fuggendo,
  • Guglielmo: Risparmia il tuo sarcasmo.
  • Nonno: Sarai solo questa notte sul treno che ti porta via.
  • Guglielmo: Sì, solo, con le pulci dei sedili che giudiziosamente se ne vanno. Basta con queste storie. A te interessa cosa dice la gente perché hai radici qua, più profonde di un pozzo, io me ne infischio. Me ne vado: fuggo, se ti piace. Sono stanco di questa vita: voglio luce, comodità, vestiti decenti, casa decente. Tu non senti la terra come condanna: io sì e mi ribello a questa prigionia.
  • Nonno: In città ne troverai un'altra.
  • Guglielmo: Prigione per prigione preferisco quella.
  • Federico: (a Guglielmo che si avvia verso la porta) Dove vai?
  • Guglielmo: A respirare, qui si soffoca. Il nonno si siede e tende una gamba.
     
  • Nonno: Tira, Federico! (Federico si china a togliergli i gambali) Tuo fratello ha bisogno di soldi?
  • Federico: Sì.
  • Nonno: Non dargliene, Federico, ti metto in guardia.
  • Federico: Io lo credo sincero.
  • Nonno: Tuo fratello ti racconta che va in città a cercarsi un posto, ma riceve lettere di donne.
  • Federico: E' un'amica che gli ha promesso un posto d'autista.
  • Nonno: Ah, Federico, sei ingenuo come tua madre. E' vecchia la storia. Tuo padre ha sperperato un patrimonio cercandosi un lavoro, ma in realtà correva dietro alle donne.
  • Federico: Noi vogliamo migliorare.
  • Nonno: Mentendo a voi stessi ed agli altri, così non migliorerete certo. Ah, che schifo la menzogna! Dalla porta di fondo entrano Lucia e subito dopo Gabriella. Lucia è una donna non bella, ma dai tratti energici: dimostra una trentina d'anni, ha un corpo robusto, è alta, asciutta, ha mani grandi, da uomo ed una pelle scura, bruciata. Porta uno scialle intorno alla testa, una giacchetta di lana sulle spalle e i gambali fino al ginocchio. Liberatasi dello scialle, della giacchetta e dei gambali, inizia subito a preparare la tavola, disponendo piatti, posate, versa la farina nell'acqua che bolle sulla stufa. Porta il ferro da stiro sulla stufa e prende dal cassettone una camicia. Gabriella è una ragazza di diciotto o diciannove anni, piccolina, smilza, bionda: è infantile, serena, facile all'entusiasmo, ha un vestitino dai colori vivaci, coperto fino alla vita da un giubbetto di pelliccia.
     
  • Federico: Gabriella, come mai?
  • Gabriella: Buonasera.
  • Nonno: Ciao Gabriella.
  • Gabriella: (a Federico) Sono venuta a darti una bella notizia. Domani sera papà e mamma festeggiano le nozze d'argento e si sono decisi a fare un po' di festa.
  • Nonno: Hanno ragione. Non volevano farla per via del fiume?
  • Gabriella: Sì, sono tanto preoccupati.
  • Nonno: E' un gran bel guaio. Ma spero che gli argini terranno.
  • Gabriella: Oh, lo dirò a papà. Se lo dice lei sarà felice. Come si fa a non festeggiare le nozze d'argento? Balleremo, Federico. Ho già detto alla mamma che vogliamo fidanzarci e forse domani sera lo dirò anche a papà. (a Lucia)Acconsentirà, nevvero?
  • Lucia: Certo.
  • Gabriella: (al nonno) E lei?
  • Nonno: Se siete contenti voi!
  • Gabriella: (a Federico) E tu?
  • Federico: Gabriella! Ho solo paura che un disastro prima di domani sera mandi tutto a monte. Ma che diranno i tuoi che sei ancora fuori a quest'ora?
  • Gabriella: Oh, la mamma lo sa. E poi adesso scappo.
  • Lucia: Se lo sa fermati a mangiare con noi.
  • Gabriella: No, no, lo sa solo la mamma. Papà sarà di ritorno fra poco. E' meglio che sia a casa prima di lui.
  • Federico: Ti accompagno.
  • Gabriella: Bene. Bada che corro!
  • Federico: Le mie gambe sono più lunghe delle tue.
  • Lucia: (a Federico) Fa' in fretta, Federico. Fra poco è pronto.
  • Federico: Sì, arrivederci.
  • Gabriella: Ciao, Lucia. Buonasera. Il nonno siede al tavolo, prende la pipa, la riempie e l'accende. Lucia riprende a stirare la camicia.
     
  • Lucia: Stanco?
  • Nonno: Un poco.
  • Lucia: Nervoso?
  • Nonno: Ehh,
  • Lucia: Sei più robusto e resistente di un giovane. Ti ammiravo oggi, là, sull'argine. Eri l'anima di tutti noi. Forse dico un'enormità, ma ero quasi felice che il fiume c'impegnasse tutti, così, in una prova di solidarietà. Questo il mondo lo ignora: il mondo risponderà dopo, se Dio manda l'alluvione, ora tocca a noi rispondere alla società che ci chiama. Così volevo dire a quelli che imprecavano alla sordità degli uomini.
  • Nonno: E dovevi dirlo.
  • Lucia: No! Non sono capace a parlare.
  • Nonno: Le cose semplici sono le più difficili da dire, ma le più facili da fare.
  • Lucia: Infatti imprecavano tutti, ma tutti lavoravano.
  • Nonno: Uhhh,
  • Lucia: Sì, continua la tua pipata. Hai visto Gabriella? Gabriella e Federico mi piacciono: un giorno o l'altro si sposeranno
  • Nonno: Non credo molto al loro matrimonio. Federico si guasta dietro l'esempio di suo fratello. Tu non sei riuscita ad imbrigliare Guglielmo e Guglielmo trascina Federico sulla sua stessa strada.
  • Lucia: E' un rimprovero, nonno? Ma cosa avrei dovuto fare? Lo so, continuare a piacergli come prima che ci sposassimo. Ma bisognava lasciar perdere tutto, adattarsi alla sua indolenza. Avrei continuato a piacergli, ma avrebbe perso ogni stima di me. Guglielmo a modo suo mi vuol bene, a modo suo è intelligente, tutti voi siete intelligenti in famiglia: non lo dico perché ormai faccio parte di voi, tutti lo dicono. Se riferiscono qualcosa detto da te, sono tutti attenti. Anche il parroco ti vuol bene, pur sapendo le tue idee: capisco che se dici qualcosa hai meditato prima di parlare. Guglielmo ti assomiglia molto in intelligenza ed io vorrei che fosse come te in famiglia.
  • Nonno: Tra me e Guglielmo vi è suo padre, mio figlio. Tu non l'hai conosciuto. Fu la mia croce. Andava bene con mia nuora: entrambi indolenti, amanti del quieto vivere senza pensieri. La terra prodiga lavorava per loro. Mio figlio ha sperperato denaro dietro sgualdrine, connivente mia nuora che lasciava fare. Ah, se ricordo quegli anni! Sciupii, sporcizia qui in casa: la terra affidata alle mie braccia ed a giornalieri, avidi, ladri. Ma quando mio figlio andava in città era un damerino, profumato come una donna, vuoto come una campana. E mia nuora entusiasta, povera stupida, della sua vuotaggine che lui andava a scaricare altrove nel letto di qualche donna pagata. Guglielmo è la sua copia. Ma non ha sposato un tipo insulso come sua madre: ha sposato te che sei un angelo di donna.
  • Lucia: Nonno, Guglielmo è buono.
  • Nonno: Vuoi illuderti! Che strana famiglia! Due giovani che vanno alla deriva, una madre che si addormenta in una senilità precoce e tu!
  • Lucia: Ho i figli che mi consolano, nonno. I figli li voglio buoni, affettuosi e tu mi aiuterai ad allevarli bene. Oggi pomeriggio sono venuti a salutarmi. Hanno smesso di giocare per darmi un bacio: poi sono scappati di nuovo come saette: che tesori! Non mi sento triste con loro: voglio mantenerli sinceri, franchi, a costo di perdere io stessa la sincerità mentendo su ciò che fa il loro padre.
  • Nonno: L'esistenza rovina l'individuo. La vita è un corso tranquillo come di fiume, ma profondamente corrode gli argini: guai alla piena! Gli argini franano come montagne di stracci, dentro e fuori. Questa mattina ero sull'argine del Po: fango, melma, un suono come di latta vuota. Se cederanno gli argini qui sarà desolazione.
  • Lucia: Hai paura?
  • Nonno: Non so. L'argine al vizio è più fragile. Tu sei giovane e la vita non ti ha ancora insegnato granché. Molti uomini gravitano attorno al peccato di lussuria: è raro che trovino tutto facile, se qualcosa li ostacola, o il rimorso o un rimprovero vivo, come sei tu per Guglielmo, diventano falsi, ipocriti, si perdono, si contraddicono, diventano ancora più luridi. Guglielmo è pronto a partire, non è vero? Questa sera stessa?
  • Lucia: Sì, nonno. Questa volta, come tutte le volte, sempre più sicuro di sé : la menzogna ripetuta è un albero che diventa ogni giorno più forte.
  • Nonno: Mah! Le notizie sulla pioggia sono preoccupanti. Quando piove alla sorgente di un fiume va male per quelli che abitano alla foce. Noi siamo in posizione fortunata in cima a questo colle, ma la pianura intorno diventerà un lago.
  • Lucia: E' strano, nonno; non riesco a preoccuparmi, il fiume non mi spaventa. Sarà l'abitudine di vederlo ogni giorno, mi spaventa la grandine, il fulmine, il terremoto,
  • Nonno: E ti spaventerà il fiume perché ha un'altra faccia oltre quella che conosci.
  • Lucia: Provvederà Iddio se non possiamo provvedere noi.
  • Nonno: T'illudi!
  • Lucia: Mi dispiace che tu non creda in Dio.
  • Nonno: Perché, Lucia?
  • Lucia: (quasi parlando a se stessa, adagio, studiando le parole adatte al proprio pensiero) Mi sembra che Dio sia un gran conforto. Non è colpa non credere, come credere non è merito. Ma ci deve essere un punto d'unione fra il negare e l'ammettere Dio, altrimenti che valore ha di fronte a Dio il mio credere e il tuo non credere?
  • Nonno: (con un sorriso indulgente) Sei una brava figliola, Lucia, se ti preoccupi tanto della salute della mia anima e ci ragioni e ti arrovelli intorno. Se non hai compreso tu questo punto d'unione come posso concepirlo io? Dicono che Dio illumina i cuori: bisogna purtroppo convenire che la sua luce è avara sopra la terra.
  • Lucia: (accalorandosi) E' avara perché tu non la vedi. Il male si manifesta perché, chi lo fa, grida. Il bene ha vie segrete. Chi lo rende pubblico? Chi ha il coraggio di gridare il bene ricevuto, se già lo chiede con vergogna? Se il bene fosse chiaro, come il male, noi scopriremo subito Dio.
  • Nonno: Ti entusiasmi, Lucia, brava! La tua fede mi spiega perché sei così serena.
  • Lucia: Ho Dio e Lui m'insegna a sopportare tutto ciò che succede. Il dialogo è interrotto da una voce di donna, aspra, arrabbiata, che chiama di fuori: "Ohe, .Lucia, !"
     
  • Lucia: La mamma..! (va alla porta e le risponde) Vengo.
  • Madre: (gridando da lontano) Vieni a darmi una mano, perdiana. C'è un buio che non si vede una spanna dal naso. Entra una donna sulla cinquantina, grassa, sciancata. Cammina sbuffando: tiene in mano un mazzo di cinque o sei galline uccise. Butta a terra i polli e incomincia a spellarne uno con mossa rapida.
     
  • Lucia: (meravigliata) Perché li hai uccisi?
  • Madre: Hanno la malattia.
  • Lucia: La malattia?
  • Madre: Quel tomo non va in città?
  • Lucia: Chi?
  • Madre: Guglielmo?
  • Lucia: Non so.
  • Madre: Non sai mai niente. Glieli do che li venda, qui si ammalano soltanto.
  • Nonno: Tienigli cordone per procurargli dei soldi.
  • Madre: Sta' zitto; alla tua età non capisci più niente. Che ne sai tu delle aspirazioni di quel ragazzo? Per te è tutta una menzogna. Non basta che abbia lottato per il marito: ora debbo lottare anche per mio figlio. Sono stufa, stufa. (a Lucia) Dove andavano quei due?
  • Lucia: Chi?
  • Madre: Ma Federico e Gabriella. Correvano come matti. Per poco non mi hanno buttata a terra.
  • Lucia: Federico accompagnava Gabriella a casa.
  • Madre: L'ha invitato per il ballo, immagino: sono incoscienti, fanno baldoria per le nozze d'argento! C'era proprio bisogno che ricordassero il loro matrimonio e le botte che si sono date.
  • Lucia: No!
  • Madre: Eh, non sai i retroscena! Tutte le scuse sono buone in quella casa per ubriacarsi. Già, se Federico vuole fidanzarsi con quella smorfiosa, io sono contraria. Quando una barca fa acqua, uno di più la fa affondare prima.
  • Lucia: Dove vai nonno? (il nonno si avvia verso la stalla)
  • Nonno: Vado a vedere se le bestie hanno tutto.
  • Lucia: (piano) Non mangi?
  • Nonno: Non ho fame.
  • Lucia: Vuoi che ti porti qualcosa di là ?
  • Nonno: No, no, (esce)
  • Madre: (accennando al nonno che è uscito) Il cenobita, no, l'eremita, no, che diavolo! Non mi viene il nome, e tu che gli frigni dietro: lascialo in pace! Ha solo idee da vecchio. Entra Guglielmo.
     
  • Lucia: Ciao Guglielmo.
  • Guglielmo: Ciao. Hai un po' di benzina?
  • Lucia: Sì.
  • Madre: (ironica) Ti sei comprato la macchina? Quanto l'ha sognata il tuo povero padre, ma non è mai riuscito a comprarla! Come te, chiedeva benzina solo per gli abiti,
  • Lucia: (pronta con la benzina ed uno straccio) Dove?
  • Guglielmo: Qui, fa' piano,
  • Madre: Quando avremo la macchina ti porterò in città, diceva. La città è là ed io sono qua,
  • Guglielmo: Mi hai stirato la camicia?
  • Lucia: Sto finendola.
  • Guglielmo: Sbrigati! (apre la porta di fondo e guarda fuori)
  • Lucia: Il cielo segna burrasca.
  • Guglielmo: Burrasca di stagione e qui si muore di noia.
  • Lucia: Non è noia: è il riposo che la terra ci concede d'autunno.
  • Guglielmo: Siamo i servi della terra e dei nostri simili.
  • Lucia: (animandosi) E' noia perché non ami questa vita. Non eri così quando ti ho conosciuto: allora amavi la terra come l'ama tuo nonno. E' difficile togliersi dalle proprie carni il segno della propria nascita.
  • Guglielmo: All'agiatezza si abituano tutti: il segno della nascita lo lascio al nonno: è incartapecorito.
  • Lucia: Ha la faccia dei nostri vecchi.
  • Guglielmo: Belle facce rugose!
  • Lucia: (con ostinazione) E più rughe, più mi piacciono: vogliono dire più solchi tracciati nei nostri campi. E' strano che tu disprezzi tanto questa vita di contadini: io sono convinta che è la migliore di tutte.
  • Guglielmo: (con fastidio) Ma smettila! Non sai come si vive in città ? Ti dicono che la terra non tradisce ed intanto viviamo in spelonche alla maniera dei primitivi coi letti nelle stalle al medesimo piano delle bestie. In città si studia, si guadagna, si veste bene, si gira per case piene di luce, non puzzolenti d'urina e di sterco come le nostre. C'è troppo distacco fra quelli della città e noi perché tu, imbecille, possa illuderti che la tua persona valga qualcosa: vali come il pane che il loro stomaco digerisce. Ti ho sposato perché mi sembravi cittadina: ti dipingevi, vestivi da civetta
  • Lucia: E poi?
  • Guglielmo: E poi mi hai stancato. Dopo pochi mesi, non puoi negarlo, da signorina piacente eri già diventata una cosa che lavora da mane a sera, come un uomo, trasandata, sformata, spettinata: eri diventata tutt'uno con la terra, di cui hai lo stesso colore, tutt'uno con le mucche di cui porti in giro l'odore nei vestiti, nelle lenzuola. Il tuo corpo non ha più forma: guardati in faccia! Hai una pelle che raspa come se avessi la barba.
  • Lucia: (al colmo dell'esasperazione) Esageri, Guglielmo! Tu non sai, o non immagini nemmeno, che il mio cuore non ha subito l'infamia del corpo. Tu non conosci le mie notti insonni perché lo specchio delle tue parole è meno crudele di uno specchio reale. Ti ribelli alla vita dei contadini? Ma non sai quale ribellione ho anch'io dentro di me: anch'io l'accuso di avermi trasformata in un essere duro, rinsecchito, dalla pelle arida, spessa, dai denti guasti, dalla bocca puzzolente. Ma ricordati che sei stato tu a condannarmi a questa vita con la tua indolenza. Ricordati che abbiamo dei figli,
  • Guglielmo: (con ironia cattiva) che tu conduci già per i campi,
  • Lucia: e che voglio che amino la terra (si raddolcisce) perché debbono amarla, Guglielmo! Io adoro la terra, il suo silenzio, la sua solitudine. Non m'importa che domani i nostri figli non siano più contadini: falli studiare, se vuoi, ma che in questi primi anni imparino ad amare la terra, gli animali, che si riempiano l'animo di spazio, di libertà ! Se la dolcezza dei ricordi sarà forte in loro, come è in me, sono sicura che ritorneranno alla terra volentieri. Tu sei perduto per me.
  • Madre: (non si è scomposta continuando a spennare polli) Dì, Lucia, guarda che l'avrai tu la bocca puzzolente: io non ho mai sentito che la mia puzzi.
  • Guglielmo: Lasciala dire! Un tempo aveva le penne: ora le ha perdute, un po' presto!  
  • Lucia: si è seduta sul cassettone al fondo e piange sommessamente.  
  • Madre: Ah, ah, goditi le tue, finché cel'hai, Guglielmo! Ma con economia! Non ho voglia di essere ridotta a mal partito dalle tue stupidaggini. (continua piano) Non preoccuparti Lucia, ti vuol bene: esagera! Io non ho mai fatto delle scene simili a tuo padre. Benedetto Iddio, che presunzione voler un uomo tutto per sé ! Un giorno quel buon uomo di tuo padre mi ha portato dinanzi al pollaio e mi ha fatto vedere il gallo con il suo corteo di galline. Io non sono stupida e l'ho capito al volo: ma volevo dirgli che il gallo va con tutte, belle o brutte, giovani o vecchie, non solo con certune come faceva lui. Sono stata zitta, perché mi avrebbe tolto anche le briciole. Eccoti i polli: non sono gran cosa.
  • Guglielmo: Mi mandi a vendere degli scheletri, che roba! Entra il nonno dalla stalla e vede Lucia chepiange.
     
  • Nonno: Che succede, Lucia?
  • Lucia: Nulla, nonno! Due bambini di cinque o sei anni sono entrati dietro al nonno e si avvicinano a Lucia che li attira a sé.
     
  • Bambini: Mamma, mamma,
  • Nonno: Perché piangi?
  • Madre: Eh, per il pianto di una donna ti commuovi tanto?
  • Nonno: Sta' zitta. Chi ti ha chiesto qualcosa?
  • Madre: Oh, bada! Non sopporto di essere insultata.
  • Nonno: Sei un'incosciente. Lucia che è successo?
  • Lucia: (si alza, parla con amarezza, asciugandosi gli occhi) Ha ragione la mamma. Non commuoverti per le mie lacrime quando hai ben altro di fronte a cui commuoverti!
  • Madre: (urlando) Siamo alle solite. Non si può vivere in pace in questa casa! Ma dove l'avete il senso comune, tu, vecchio imbecille, e tu, citrulla, che ci pigli gusto a soffiarci sopra. Siete solo buoni a parlare ed a insultare. (a Guglielmo) Su, prendi questi polli, c'è la letteratura in giro: muoiono tutti, bell'esempio che date ai piccoli! (ai bambini) Filate via, di sopra, se non volete che pigli il bastone.
  • Bambini: Sì, nonna, sì, (Lucia li accompagna su per la scala)
  • Nonno: (a Guglielmo) Cosa hai combinato di nuovo?
  • Guglielmo: Parto.
  • Madre: E per tutto questo,
  • Guglielmo: Mia moglie è fuori di sé. (alla madre) Qui il nonno pare che l'abbiano toccato sul vivo.
  • Nonno: (d'impeto, scagliandosi su Guglielmo) Che vuoi dire?
  • Madre: (trattenendolo) Calma, calma! Ha detto che sei stato colpito sul vivo. Non è un mistero che hai un debole per quella smorfiosa!
  • Nonno: Deve rispondere lui, quel farabutto,
  • Madre: (sempre trattenendolo) E allora fa' tu. Volevo mettere pace: ora me ne lavo le mani.
  • Nonno: Ripeti ciò che haidetto!
  • Guglielmo: , che la difendi, che fai sempre parte con lei. E' tua moglie, forse, che ti riscaldi tanto?
  • Nonno: Bada come parli perché so il tuo pensiero.Sei un lurido insinuatore, pagliaccio, fannullone, ipocrita. E' bene che te nevada: in questa casa non c'è più posto per te. Sei da gettare via come unaserpe. L'aridità del tuo cuore sarà la tua maledizione, domani, finché vivrai, va' via, va' via, E' entrato Federico: spinge il fratello versola porta di fondo.
     
  • Federico: Va', va', eccoti dei soldi, va',  
  • Guglielmo: prende i soldi e si allontana.  
  • Madre: Calmati, calmati, ma oh, padre, haibevuto?
  • Nonno: Va' via anche tu!
  • Madre: Sì, sì, che inferno! (esce)  
  • Lucia: appare al sommo dellascala.  
  • Lucia: Nonno?
  • Nonno: Vieni, Lucia, se n'è andato: nonpiangere!  
  • Lucia: scende: giunta in basso, china, piangendo, il volto sul braccio ancora appoggiato alla ringhiera  
  • Lucia: Oh, nonno! Il nonno l'accarezza.
     

     








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