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22 Luglio 2016
L'uomo che vide la Storia
di Gianni Pezzano



L'uomo che vide la Storia
Indro Montanelli

Scrivo queste parole all'alba del quindicesimo anniversario della morte di Indro Montanelli. Purtroppo non ho conosciuto l’uomo di persona, la vita non mi ha dato questa opportunità. Però, ho  avuto il privilegio di fare ricerche sul suo lavoro nell'archivio del Corriere della Sera e tra le sue opere e ho avuto le prove documentarie di un tesoro di esperienze come pochissimi hanno potuto fare nel corso della loro vita.

 

Il primo giorno che sono entrato nell'archivio del Corriere della Sera per fare le ricerche sentivo il senso di Storia di un’istituzione italiana ultra centenaria. Come amante di Storia vedere il passato mi ha sempre affascinato e quel giorno mi ha dato un senso di emozione, come anche un tocco di paura. Alla fine quelle ricerche nell'archivio di Montanelli al giornale mi hanno sbalordito.

 

È un conto sapere che lui aveva fatto il cronista per anni, ma era ben altro conto leggere quelle sue cronache e di poter capire come era davvero un uomo che vide la Storia e la descrisse in modo impeccabile.

 

Naturalmente il punto di vista delle sue cronache era personale ed era proprio lui stesso a dire nel corso degli anni che nessuna cronaca è imparziale. Allo stesso tempo Montanelli non voleva vedere e scrivere solo gli avvenimenti diretti e nel corso delle letture degli articoli non saltavano fuori cifre di morti, di vittorie o sconfitte in battaglia e di cadute di città in guerra, ma molto di più.

 

Sin dalle sue cronache da capitano delle forze coloniali in Eritrea Montanelli ha dimostrato le qualità di osservatore acuto e di uomo curioso che voleva sapere e descrivere quello che lo circondava. Già in queste prime sue cronache lui scriveva dettagli che non davano solo aspetti folkloristici ai suoi articoli ma che li faceva vivere nella mente dei suoi lettori. Per esempio, chi legge queste cronache eritree sa anche della vita degli indigeni, una vita che ora non esiste più.

 

Allo stesso modo senza Montanelli il mondo probabilmente non avrebbe saputo della carica della cavalleria polacca contro i carri armati tedeschi all'inizio della Seconda Guerra Mondiale. Come fece poi in Finlandia con i finlandesi, non nascondeva la sua ammirazione per soldati sconfitti valorosi che continuavano a combattere alla faccia di forze nemiche enormi.

 

Nel caso delle sue cronache della Guerra d’Inverno tra la Finlandia e l’Unione Sovietica, come anche del secondo conflitto poco tempo dopo tra i due paesi, il cronista italiano dava dettagli della vita dei soldati sovietici finora sconosciuti nell'Occidente, come la ricostruzione delle purghe staliniste ricostruite dai documenti scoperti in campo dopo la distruzione di una colonna sovietica. Poi era anche capace di farci divertire con le sue avventure a Helsinki mentre lui e Martha Gellhorn, giornalista americana, nonché moglie di Ernest Hemingway, mentre aspettavano la distruzione della città minacciata dai sovietici e la loro sorpresa d’essere ancora vivi la mattina dopo. Una serata finita con l’urlo di paura dell’americana a vedere un topo passarle vicino.

 

Dopo la fine del conflitto mondiale cominciò a girare il mondo e di ogni paese dava dettagli inauditi che fanno capire al suo lettore di oggi i retroscena della Storia che lui raccontava, come anche delle condizioni che doveva affrontare.

 

In un  suo articolo dal Vietnam sulla guerra di liberazione contro i francesi descrisse una serata passata con una missione governativa americana e non lascia dubbi che già allora gli americani non avevano  capito le condizioni nel paese che sarà il teatro della loro sconfitta pochi anni dopo. In India  descrisse un lungo viaggio  in treno che fa capire le differenze tra le classi in quel paese. Nei suoi servizi dell’inizio della guerra di liberazione algerina, di nuovo contro i francesi, non parlò della minaccia comunista come molti altri giornalisti dell'epoca, ma preavvisò il suo pubblico che il vero pericolo in quel paese era quello che ora chiamiamo "gli islamisti". Un commento scritto negli anni 50, ben prima dei gruppi terroristici che vediamo ora.  Paese dopo paese Montanelli forniva dettagli importanti e sconosciuti ai suoi lettori.

 

Ma senza dubbio la cronaca più importante della sua carriera da cronista internazionale fu la Battaglia di Budapest nel novembre del 1956. Una cronaca che fa capire al lettore moderno come la tecnologia ha cambiato il modo di poter dare notizie.

 

Quella cronaca montanelliana uscì più di una settimana dopo la fine della battaglia perché prima di iniziare a colpire con i cannoni la città, i sovietici tagliarono le linee telefoniche e gli altri mezzi di comunicazione nella città sotto attacco. Nella sua cronaca lunga e dettagliata descrive le condizioni e le tattiche dei comunisti ungheresi in rivolta contro il gigante sovietico. Una rivolta destinata a fallire con migliaia di morti e una città semi distrutta.

 

Sappiamo che queste sue cronache furono contestate dal PCI in Italia, ma un controllo dei dettagli forniti da lui in biblioteca dopo le mie ricerche hanno fornito prove che Montanelli veramente descriveva una realtà sconcertante.

 

Persino nei suoi celebri  “Incontri” lui metteva dettagli affascinanti dei personaggi incontrati nei suoi viaggi, sia in Italia che in giro per il mondo. L’incontro col  traditore norvegese Vidkun Quisling fa capire benissimo perché consegnò il suo paese ai tedeschi. E cosi,  personaggio dopo personaggio, alcuni ancora famosi, ma altri come il Maresciallo Mannerheim, comandante delle forze armate finlandesi contro i sovietici, sono scordati dal pubblico internazionale moderno.

 

Ma l’uscita dalla scena internazionale non voleva dire che non vide altri momenti di Storia. Anzi, in un caso fu il soggetto dell’atto storico quando fu bersaglio di un agguato dei brigatisti rossi. Un episodio sconosciuto dai giovani in Italia che sanno poco del terrorismo aperto e occulto che tormentò il paese per decenni.

 

Purtroppo i limiti di spazio non mi permettono di aggiungere molti altri dettagli della testimonianza di Indro Montanelli ad episodi importantissimi di Storia nei vari continenti.

 

Nel corso della sua vita Montanelli ha dimostrato che il giornalismo è veramente la brutta copia della Storia. I giornalisti hanno lo svantaggio enorme di lavorare in fretta e spesso di non poter scrivere tutti dettagli degli episodi che raccontano perché non possono vedere i documenti che rimarranno segreti per decenni dopo e dunque non danno i dettagli occulti dietro le quinte che fanno scatenare scontri e controversie tra gli storici. Sono i limiti inevitabili del loro mestiere.

 

Però questi limiti non negano un fatto fondamentale. Le cronache di Montanelli, come tutti i cronisti famosi, sono importanti e devono essere lette anche anni dopo dal mondo intero e non tenute chiuse in un cassetto, perché raccontano davvero la nostra Storia.








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