 | | Montanelli e Buzzati |
Quando ero all'università c’era un Festival Internazionale del Cinema ad Adelaide e un anno ho visto in programma un film “francese” che tanto mi interessava perché l’elenco degli attori era davvero straordinario. C’erano Vittorio Gassman, Max Von Sydow, Fernando Ray, Giuliano Gemma, Philippe Noiret e altri attori di livello mondiale. Solo un paio di settimane prima della proiezione del film ho scoperto che era basato su un libro italiano, “Il Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati.
Era una della poche volte che il film era al livello del libro che avevo letto nei giorni prima di quella serata. Alla fine del film mi sono girato e ho visto dietro di me una mia insegnante di francese che ne era rimasta incantata. Era una delle mie prime esperienze dirette di come fonti italiane spesso non sono riconosciute dal pubblico internazionale.
Qualche decennio dopo, mentre facevo le ricerche per il mio libro su Indro Montanelli (compagno di lavoro di Buzzati) ho scoperto che l’ispirazione di quel libro stupendo era proprio la redazione de Il Corriere della Sera dove Buzzati vedeva i suoi colleghi di lavoro in attesa di notizie e chiamate a servizi come soldati in attesa della prossima battaglia. Quel libro mi tornerà in mente molte volte in questi anni di attesa per poter pubblicare il mio libro e non solo perché a volte mi vedo come il Tenente Drogo che aspetta i Tartari che arriveranno solo alla fine della sua vita.
In un suo articolo Montanelli scrisse che la memoria degli italiani per i suoi migliori autori era scritta sull’acqua e destinata a sparire nel corso di pochi anni. In questa come in tante altre cose Montanelli aveva ragione, a partire dagli autori del ventesimo secolo che stanno per sparire dalla memoria collettiva italiana tra i quali c’erano alcuni dei suoi colleghi di lavoro .
Il Corriere della Sera è senza dubbio il giornale italiano più famoso e tra i più vecchi del paese. Fu fondato da Eugenio Torèlli-Violier che aveva preso ispirazione dal grande giornale londinese The Times. Infatti, quest’anno il giornale festeggia il centoquarantesimo anniversario dalla sua fondazione. Un bel traguardo per un giornale che non solo ha fornito testimoni di tutti i capitoli della Storia del Bel Paese da allora, ma ha anche avuto giornalisti che sono diventati autori importanti del nostro paese. Però, mi domando, quanti oggigiorno si ricordino questi scrittori importanti.
Oltre le cronache, comprese quelle di guerra e politica internazionale, questi autori hanno anche scritto per le pagine culturali, i famosi elzeviri della terza pagina. Con questi suoi giornalisti il Corriere fece un grande servizio alla nostra letteratura e infatti uno di loro fu Premio Nobel della categoria, Eugenio Montale nel 1975. Ovviamente due di questi giornalisti sono Buzzati e Montanelli, ma altri comprendono nomi come Guido Piovene, Curzio Malaparte e Luigi Barzini padre per nominarne soltanto alcuni. Infatti, Montale ammise che erano i soldi per i suoi pezzi per il Corriere che gli permisero di poter scrivere le opere che lo porteranno poi al massimo premio della letteratura mondiale.
Purtroppo il nostro è un paese di mode che vanno e vengono e dunque scordiamo autori come i vestiti che cambiamo secondo gli stilisti, sempre di moda. Oltre ai nomi degli autori/giornalisti del Corriere possiamo proseguire con Corrado Alvaro, Carlo Cassola, Leo Longanesi, Achille Campanile, Ignazio Silone, Gabriele D’Annunzio e Giorgio Bassani che in compenso nella sua Ferrara è ancora ricordato. Sono nomi che hanno ispirato altri autori e che hanno avuto film ispirati ai loro libri.
A questo elenco poi vorrei aggiungere tre nomi molti legati strettamente al cinema, ma che non sono più ricordati dal grande pubblico italiano come autori da leggere di un paese che non legge abbastanza. Vediamo il nome del primo spesso nei film di Don Camillo e Peppone trasmessi regolarmente alla televisione, Giovanni Guareschi, i cui personaggi erano cosi veri per il pubblico che molti scordano che siano stati inventati da lui. Il secondo Pierpaolo Pasolini che è ricordato come un controverso regista e personaggio ucciso in un modo ancora troppo oscuro, ma che era anche un poeta importante. Infine, il nome che ormai non si sente più nominare, Alberto Moravia, malgrado il fatto che un film di un suo libro, La Ciociara, vinse un Oscar come migliore film straniero,
Autori grandi e italiani, chi di narrativa, chi di saggistica, chi di poesie e chi di più generi, ma tutti con un punto in comune nel nostro mondo moderno, sono sulla via del tramonto non perché morti, ma perché non li leggiamo più . Infatti, è proprio un paradosso che i giornalisti utilizzino il titolo di un’opera americana per descrivere il passaggio in altro mondo dei nostri personaggi importanti, li chiamiamo il nostro “Spoon River” dal libro di poesie di Edgar Lee Masters.
Pensiamo cosi tanto a Dante, Leopardi e altri autori del nostro passato che non ci rendiamo conto come spariscono i nostri autori moderni senza un programma per tenerli vivi nell'unico modo vero, con le loro opere.
Riconosco che questi miei pensieri siano utopistici, ma se davvero vogliamo promuovere il nostro patrimonio culturale non dobbiamo concentrarci esclusivamente su certe epoche del passato. Abbiamo già fatto lo sbaglio di ignorare artisti importanti e riscoprirli solo dopo secoli e l’esempio più eclatante è rappresentato dal nome del suo paese di nascita, Caravaggio.
In ottobre ci dovrebbe essere in programma la prossima assemblea degli Stati Generali della lingua e mi auguro che sarà l’occasione in cui i responsabili, gli insegnanti, i burocrati e i politici comincino a impegnarsi per ricordare i nostri grandi autori come ora ricordiamo i nostri artisti.
Però questi impegni non si fanno con parole vuote e gesti inutili, si fanno con programmi concreti e cioè nell' insegnare davvero la lingua italiana, in Italia e all'estero, a partire dai figli e nipoti degli emigrati italiani che sanno poco di concreto delle loro origini. È facile ricordare i grandi come Michelangelo e Leonardo, Dante e Petrarca, ma ogni volta che scordiamo come paese un nostro autore rendiamo più povero il nostro patrimonio. Dobbiamo cominciare a capire che siamo noi i custodi del nostro patrimonio culturale di ogni genere e dunque siamo noi che dobbiamo agire e non aspettare che siano gli altri a farlo.
Nel mio caso c’è stato il tentativo concreto di farlo e spero che prima o poi diventerà più di un documento elettronico che non posso pubblicare...
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