 "Paese che vai, usanze che trovi" è un’espressione che rispecchia realtà profonde soprattutto quando ti trasferisci permanentemente da un paese e un altro. Passa il tempo e ti rendi conto che le differenze a volte sono più profonde e sottili di quel che pensavi. In particolare queste differenze si vedono nel modo in cui reati e delitti sono discussi alla televisione e nei giornali.
A dir il vero, queste differenze sono tra due diritti fondamentali per qualsiasi paese civilizzato, che spesso in Italia si trovano in conflitto tra di loro. Il primo è la libertà di stampa e del pubblico di essere informato e il secondo il diritto di un imputato a un processo equo, non sempre possibile in un sistema dove i processi spesso si fanno alla televisione prima ancora dell’inizio formale di un processo penale. Il giornalista ha il ruolo di informare il pubblico, però questo ruolo deve anche considerare la responsabilità di non mettere a rischio indagini e processi.
Basta accendere il televisore per vedere programmi che ogni giorno trattano temi tragici, ma in un modo che spesso rischia di creare l’impressione di colpevolezza di qualcuno al di fuori del tribunale. Analizzare presunte prove in uno studio televisivo, o nei giornali quando le prove spesso non sono ancora state confermate in aula non fa altro che creare le condizioni per proteste a decisioni legali diverse dalle aspettative create da programmi televisivi e articoli superficiali.
Se partiamo dalle indagini preliminari la fuga inopportuna di notizie potrebbe avere conseguenze negative per le persone indagate, perché spesso le indagini sono di routine e non necessariamente vengono seguite da imputazioni formali. Purtroppo in Italia un documento formale e tecnicamente di trasparenza come un avviso di garanzia viene trattato come una condanna nella stampa, invece che una formalità giuridica.
Nei paesi anglosassoni le indagini sono coperte dal segreto assoluto e la fuga di nomi di indagati potrebbe essere motivo per non proseguire con le indagini, oppure per non proseguire in tribunale perché le indagini e le prove erano inquinate. In questi paesi i nomi escono solo dopo l’imputazione formale per un reato e nei casi più seri solo dopo la prima udienza davanti a un giudice che convalida l’arresto dopo aver dichiarato che le prove a carico dell’indagato sono sufficienti per meritare un processo penale.
Per questo motivo all'estero la prescrizione sparisce al momento dell’imputazione formale di un indagato. L’imputazione deve avere un risultato definitivo di colpevolezza o di innocenza perché una dichiarazione della fine di un processo per avere superato i limiti di prescrizione non è una prova definitiva dello stato dell’imputato. La fine di un processo per prescrizione non è altro che una sconfitta del sistema giuridico del paese, un fallimento che non dovremmo mai permettere.
Questo trattamento dell’indagato non è rispetto per la persona sotto inchiesta, è rispetto per il concetto che la colpevolezza o l’innocenza di una persona si stabilisce in tribunale dopo un processo regolare e non da una procedura mediatica come troppo spesso vediamo alla televisione in Italia.
In Australia qualche anno fa un processo fu terminato dal giudice perché a suo parere la polizia era così convinta della colpevolezza del primo indagato che non aveva pensato di indagare altre persone. La conseguente condanna di un altro uomo per quel delitto dimostrò poi che il giudice aveva visto bene.
Ci vuole poco per ricordare casi in Italia dove personaggi sono diventati famosi per essere stati coinvolti in processi famosi. Puntate intere di programmi televisivi sono state dedicate alle analisi di processi e indagini. Questi programmi somigliano a processi sommari senza le garanzie legali di un tribunale formale e le esigenze tecniche per dimostrare se le prove fornite dal pubblico ministero siano state confermate con il giusto rigore scientifico.
Nessuno può mettere in dubbio che ci sono stati sbagli in processi legali e che la stampa ha avuto un ruolo importantissimo nel rivelare questi sbagli, non solo in Italia, ma in moltissimi paesi, anche in quelli con sistemi legali esigenti. Però c’è una differenza enorme tra fornire informazione e diventare il mezzo per giudicare le indagini e le prove per decidere poi se l’indagato sia colpevole o innocente.
Infatti, proprio per questo motivo in molti paesi prove rese pubbliche prima d’essere presentate formalmente in tribunale e confermate sono dichiarate automaticamente inammissibili e infatti nei casi più seri i giornalisti rischiano imputazioni per oltraggio alla Corte. Questo vale anche nei casi di confessioni perché il fatto che un imputato abbia confessato un reato non vuol dire che sia il colpevole. In Inghilterra Timothy Evans fu giustiziato dopo aver confessato d’aver ucciso tre donne, solo anni dopo la scoperta di altri corpi si capì che il vero responsabile era John Christie del caso raccontato nel film “10 Rillington Place” intitolato al luogo dei delitti.
Questo spiega l’altro motivo principale di assicurare che i processi finiscano regolarmente con prove non inquinate e confermate. Le indagini e il processo devono garantire che il vero colpevole venga arrestato e condannato e non un innocente.
Lo stesso vale come analisi troppo approfondite degli imputati per un processo in corso. Di nuovo nel sistema anglosassone i precedenti degli imputati non sono presentabili dal pubblico ministero e nemmeno il giudice del processo li sa per garantire la sua imparzialità. L’imputato dovrebbe essere giudicato e condannato dalle prove concrete per quel reato specifico e non in base a incidenti di venti o trent'anni prima. I meno giovani si ricorderanno che questo è successo in Italia nel passato e particolarmente del processo del “Mostro di Firenze” dove, per l’ennesima volta purtroppo, la Giustizia non fu aiutata da comportamenti sommari durante tutta la vicenda.
La Giustizia è fondamentale per noi tutti ed è alla base di tutto il nostro sistema di governo. Però, non dobbiamo scordare che è delicata e che dobbiamo trattarla con rispetto. Comportamenti troppi leggeri da chi indaga e da chi riporta le notizie in modo superficiale non fanno altro che creare un clima di sfiducia nella Giustizia del nostro Paese.
La prossima volta che vediamo salotti televisivi e leggiamo articoli di processi sensazionali chiediamoci se quel che vediamo e leggiamo sia veramente quello che sarà presentato in tribunale. Chiediamoci soprattutto se davvero sia importante per decidere la colpevolezza o l'innocenza di qualcuno la presenza di chi sa presentare la sua causa al pubblico televisivo invece di fornire le prove a un giudice in un tribunale.
Infine, chiediamoci se noi dovessimo essere processati in quel modo vorremmo trovarci in quella situazione? Non ho dubbi su come noi tutti risponderemmo a questa domanda...
|