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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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26 Gennaio 2016
Le facce della Cultura
di Gianni Pezzano



Le facce della Cultura
Massimo Ranieri e Massimo Lopez

In queste sere la RAI ci ha offerto due programmi che dimostrano in modo inequivocabile la grandezza della nostra Cultura.

 

Il primo programma era su RAI Storia con la serie di documentari sulle Signorie italiane. La prima puntata vista ieri sera sui Medici ha dato una lezione di come l'Italia ha potuto creare le città d’Arte invidiate in tutto il mondo. I due esperti hanno spiegato in modo esemplare episodi fondamentali e le caratteristiche particolari delle opere commissionate dai grandi mecenati. Un programma da trasmettere in tutto il mondo e magari doppiato o con sottotitoli in altre lingue perché è la testimonianza di quel che la nostra penisola ha dato al mondo.

 

Il secondo programma, "Sogno e son desto" di Massimo Ranieri, ci ha dato un altro esempio della nostra Cultura, ma non nel senso che molti attribuiscono a quella parola. In uno scambio fin troppo breve il grande uomo di spettacolo parla con il comico e cantante Massimo Lopez che in pochi minuti ci fa fare un giro del nostro paese con i suoi accenti e cenni ad aspetti dei caratteri delle varie regioni. Questo programma sicuramente fa il giro del mondo su RAI World, purtroppo solo chi capisce bene la nostra lingua capirà la bravura di Lopez nello spiegare un altro aspetto fondamentale della nostra Cultura.

 

È facile puntare il dito alle glorie del Rinascimento, per poi ignorare le altre facce della nostra Cultura. Alla morte di Totò un giornale annunciò la notizia con un titolone scandaloso, “La morte di un buffone”. Rivedendo quel titolone viene spontaneo denigrare il direttore del giornale, ma dobbiamo ringraziarlo per averci dato una lezione di ignoranza.

 

Oggi riconosciamo Totò come un grande artista e uomo di tanti talenti. Non solo per i suoi film, ma anche per canzoni come Malafemmena e per la sua poesia ‘A Livella' che è considerata ormai un classico dell’ultimo secolo e ci fa capire che in fondo siamo tutti uguali in faccia alla morte. Per questo motivo il titolone della sua morte ci dà una lezione importante di come non dobbiamo vedere la Cultura.

 

Chissà quanti fiorentini videro con disprezzo Il Decameron di Boccaccio e lo considerarono un’opera di pettegolezzi e di storie sconce. Ora è considerata un’opera importantissima e persino gli inglesi l’hanno copiata con I Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer.

 

La Cultura non è solo un’industria di per sé, una serie di opere d’Arte, di musica e di parole che esprimono i migliori dei nostri talenti. La Cultura è l'espressione di ogni aspetto del carattere nazionale e perciò il viaggio breve di Lopez sul palco ci dà una panoramica di quel che è il nostro paese.

 

Il Bel Paese ha prodotto grandissimi registi cinematografici come Sergio Leone, Federico Fellini e Roberto Rossellini che hanno dato lezioni a tutto il mondo di cosa può fare il cinema, ma abbiamo anche prodotto i film di Tinto Brass e i film panettoni che pochi potrebbero considerare capolavori, ma esprimono aspetti del comportamento umano che alcuni vorrebbero non riconoscere come parte della nostra Cultura. Sarebbe facile storcere il naso davanti a questi esempi del cinema, ma il risultato al botteghino dimostra che una parte della popolazione si identifica di più con queste opere che con quelle dei grandi registi.

 

Verdi, Rossini e  Monteverdi sono soltanto tre dei grandi compositori italiani che hanno dato opere importanti  che vengono rappresentate ogni giorno in ogni parte del mondo. Però anche i nostri cantanti popolari e cantautori hanno prodotto musica che è suonata ogni giorno in tutto il mondo.

 

Un paese non si giudica solo da alcuni individui, ma da tutte le sue facce e da tutte le sue sfumature. Non posso paragonare Adriano Celentano a Giuseppe Verdi, però una sua canzone “Il Ragazzo della via Gluck” fu un successo mondiale  tradotto in tante lingue e dimostra chiaramente che siamo capaci di trasmettere messaggi importanti con tutti i mezzi e non solo con un’interpretazione limitata del concetto di Cultura.

 

Negli ultimi decenni abbiamo visto in Italia il ritorno di alcuni aspetti della nostra Cultura dal passato che un secolo fa quasi tutti consideravano estinti, almeno nel senso popolare. I vari palii non solo rievocano giostre e  gare medioevali, ma sono diventati di nuovo espressione di rivalità cittadine che non sono mai sparite dalla penisola. Senza dubbio e giustamente quello di Siena è il più famoso, ma ci sono molti altri pali che meriterebbero essere conosciuti di più, non solo all'estero, ma anche all'interno dell’Italia stessa.

Alla scomparsa di un grande artista, come quella di Ettore Scola recentemente, sentiamo ripetere la stessa domanda da critici e giornalisti, vedremo più qualcuno come lui? Questa domanda ha due risposte altrettanto valide. No, non vedremo più un personaggio come il defunto, ma sì vedremo qualcun’altro arrivare a prendere il suo posto.

 

L’Italia ha potuto produrre artisti per millenni come nessun’altro paese del mondo. Basterebbe fare il giro dei musei del mondo per vedere quante opere italiane vi sono esposte. Ogni generazione italiana ha prodotto artisti importanti, di tutti i tipi e di tutti i livelli. Non tutti erano riconosciuti dai loro coetanei, ma il tempo ha potuto dimostrare la loro importanza.

 

Un esempio lampante di questo è Michelangelo Merisi, cioè il Caravaggio. Alla sua epoca era un artista controverso, violento e considerato da molti, per fortuna non da tutti, un artista indegno d’essere nominato insieme al suo omonimo fiorentino, Michelangelo Buonarroti. Ora le gallerie d’Arte e i collezionisti di tutto il mondo fanno a gara per mettere in mostra le sue opere.

 

Purtroppo, altri artisti sono limitati per motivi di lingua. Gigi Proietti non è conosciuto a livello internazionale come meriterebbe, alcuni comici e film considerati classici da noi, come Macario e Amici Miei non sono facilmente esportabili perché sono legati a dialetti e ambienti particolari. Però questo non diminuisce la loro importanza.

 

Come paese dobbiamo riconoscere che la Cultura non ha una sola faccia, quella rappresentata dai grandissimi artisti. La nostra Cultura ha milioni di facce, ognuna che rappresenta un aspetto del nostro paese.

 

Perciò bisogna riconoscere che dobbiamo fare di più come paese nel far conoscere queste facce al mondo perché spiegano non solo chi eravamo, spiegano chi siamo e cosa siamo capaci a fare. Dimostriamo al mondo che sa poco di noi che abbiamo molto di più da offrire al pubblico internazionale al di là di nomi famosi e importanti come Leonardo, Michelangelo e Verdi.

La nostra Cultura ha tante facce, riconosciamole tutte e gridiamolo al mondo perché, in fondo, queste facce siamo noi.

 








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