 | | Expo |
Bastava l’ora in fila venerdì mattina per capire che l’Expo a Milano sta ottenendo un successo di cui un anno fa molti dubitavano. Le cifre di un pubblico in costante aumento premiano la decisione di andare avanti con un progetto che mette il nostro paese al centro dell’attenzione mondiale.
I suoi temi del cibo e del nutrimento sono d’importanza fondamentale, soprattutto in vista della crescita della popolazione mondiale e i problemi del cambiamento climatico. Per questo motivo l’assenza di importanti produttori come l’Australia, il Canada e il Sud Africa, per motivi politici interni più che per via dell’organizzazione della manifestazione, è una grande delusione.
Già all’entrata il visitatore vede le statue di Dante Ferretti ispirate dalle opere di Arcimboldo e capisce che la manisfestazione poteva solo essere italiana. Nel corso della giornata abbiamo avuto prova dell’efficacia degli organizzatori con la pulizia e mancanza di file ai servizi igienici, come anche la pulizia generale del luogo e la mancanza di cassonetti colmi.
Ma senza dubbio le star dell’Expo erano i padiglioni e ad ognuno c’erano file che mostravano l’interesse del pubblico per vedere le offerte dei vari paesi presenti. Ovviamente certi paesi erano favoriti e c'erano attese fino a cinque ore per vedere le offerte del Bel Paese, della Germania, del Brasile e del Giappone mostrando chiaramente che il pubblico aveva ben in mente quel che voleva vedere. Per evitare di fare la giornata in fila e di non poter vedere una selezione di paesi di vari continenti abbiamo evitato le file più lunghe per vedere altri paesi che potevano mostrarci luoghi e prodotti che non conosciamo solo che come nomi su carte geografiche o riviste.
Il padiglione dell’Angola ha dimostrato immediatamente come ogni paese ha attrazioni che potevano interessare chiunque. Come tutti, il padiglione di questo paese africano attira l’occhio di chi passa davanti, ma la vera sorpresa è stata la bellissima presentazione che accoglie l’ospite appena entra nel suo interno che dà immagini del paese e dei suoi prodotti. Quel che più ha colpito è stato il ricordo degli anni di guerra e conflitti di questo paese. Perciò vedere una presentazione moderna e al massimo della tecnologia fa capire come è possibile per un paese uscire dai suoi periodi di tormento.
Man mano che facevamo il giro dei padiglioni ci siamo resi conto che non tutti i paesi consideravano l’Expo solo come l’opportunità di promuovere i loro prodotti agricoli, ma anche per promuovere il loro turismo. Sarebbe stato impensabile non sfruttare un’occasione del genere, ma certi paesi hanno fatto promozioni notevoli per il mercato turistico. In particolar modo i paesi arabi come l’Oman e il Qatar che hanno mostrato i loro sforzi incredibili di trasformare paesi nel deserto in grandi attrazioni turistiche.
Invece in alcuni casi, come quello del Vietnam, sembrava che l’obbiettivo principale fosse di vendere i loro prodotti e gadgets piuttosto che promuovere il paese di per sé.
Era divertente uscire da un continente per entrare subito dopo in un altro e il visitatore acuto ha l’occasione di poter paragonare differenze e somiglianze tra culture. In alcuni casi abbiamo visto la conferma dei luoghi comuni di questi paesi, come nei casi degli Stati Uniti e della Russia, ma in alcuni altri, come l’Iran, l’ospite può vedere facce inattese di paesi controversi.
Bisogna fare un commento specifico del padiglione degli Stati Uniti. Durante la nostra visita in quel padiglione abbiamo notato che la musica in sottofondo era composta da canzoni italiane interpretate da artisti americani come Elvis Presley e gli oriundi Dean Martin e Frank Sinatra. Per quanto possiamo apprezzare il gesto, è triste che la loro conoscenza della nostra musica sia limitata al periodo dagli anni 40 agli anni 60 e dà l’ennesima prova che la musica moderna italiana sia poco conosciuta fuori dei nostri confini. Come paese dobbiamo fare di più per far conoscere i nostri cantanti al mondo, non solo nelle versioni tradotte e cantate da artisti stranieri, ma soprattutto nelle versioni originali.
Poi mentre seguivamo il nostro percorso un fatto particolare ha cominciato a colpire. Alcuni paesi hanno utilizzato l’occasione dell’Expo anche per fare propaganda politica. Abbiamo notato il primo caso non molto sottile nel padiglione della Russia. La presentazione delle loro ricerche sul cibo e sull’ambiente davano l’impressione che i primi scienziati, sia nel tempo che come l’importanza delle loro opere, fossero tutti russi.
Poi, mentre pensavamo alle vecchie battute del periodo della Guerra Fredda del russo “Popov” che avrebbe inventato tutto abbiamo notato i manifesti che coprivano le pareti. Erano tutti del periodo sovietico con falce e martello rimossi, ma la didascalia di questi manifesti ha dimostrato chiaramente le loro origini.
L’uso di queste immagini, come anche la vendita di prodotti con il volto di Vladimir Putin è d’interesse particolare perché mette in mostra, in tutti i sensi, i dubbi a riguardo del vero stato della democrazia russa attuale e la presentazione nel padiglione russo non fa niente per negarli. Peró, la vera differenza di questo culto della personalità si trovava all’ultima parte della mostra prima di uscire con la presentazione del ruolo della chiesa Ortodossa nella Russia moderna. Una lettura della didascalia dimostra l’importanza della chiesa nella vita moderna russa e conferma quel che vediamo nei notiziari di quel paese di un cambiamento voluto dal Presidente Putin per rafforzare il suo potere.
Naturalmente uno sviluppo del genere sarebbe stato impossibile nell’epoca sovietica, ma era necessario in un paese che vuole farsi vedere come una democrazia.
Ma la propaganda politica non si limitava soltanto alla Russia e il padiglione del Turkmenistan dove il pubblico è accolto da una foto gigante del suo discusso capo di governo. La propaganda era anche nel linguaggio delle presentazioni di alcuni dei paesi dell’America Latina che dimostrano i loro sforzi nel promuovere il turismo e i prodotti dei paesi in modo da mettere in risalto gli sforzi dei loro governanti.
Di solito i luoghi di propaganda del genere si trovano nelle grandi manifestazioni sportive come i mondiali di calcio e i giochi olimpici. Basta vedere il film degli Olimpiadi di Berlino nel 1936 per vedere come i governi, soprattutto le dittature, cercano di sfruttare queste occasioni. Grandi manifestazioni di livello mondiali non sportive come l’Expo sono rare in paragone e allora non dovrebbe stupire che i paesi cerchino di sfruttarle al massimo. Ma siamo tutti essere umani, cerchiamo di metterci sempre un gradino sopra tutti gli altri, allora è naturale che i nostri governi facciano le stesse cose.
Senza dubbio l’Expo è da vedere. Oltre darci l’occasione di vedere prodotti nuovi, ci dà anche l’opportunità di poter vedere queste sfumature politiche. Non chiudiamo gli occhi al mondo che ci circonda, ma utilizziamo l’occasione per imparare cosa fanno gli altri, apertamente e in modi meno trasparenti.
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