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31 Luglio 2015
La mossa tattica
di Gianni Pezzano


La mossa tattica

Per noi amici italiani del bar della città australiana era tutta colpa del film, I Guappi con Fabio Testi e la scena iniziale del paese che dove nessuno si muove presto la mattina per paura di svegliare ‘O Guappo che lo comandava. Zazà si vedeva al posto del capo clan al quale tutti si riferivano. Non voleva capire che quel rispetto era basato su paura e forza che erano sempre minacciati dai rivali. Quel posto di rispetto aveva un prezzo alto e spesso finiva in quel luogo dove siamo tutti uguali. 

 

Inoltre, Zazà voleva fare i soldi, purtroppo gli mancava la voglia di lavorare che avrebbe garantito uno stipendio. Era giovane, bello e furbo, ma la sua furbizia era pericolosa perché non aveva l’intelligenza alla pari dei suoi sogni.

 

Zazà e il suo amico Ciccio cercavano sempre quella mossa tattica che avrebbe portato i soldi senza dover sudare dalla fatica, le hanno provate tutte per trovarla. Disgraziatamente le loro avventure finivano sempre allo stesso modo, con le risate di noi amici.

 

Una sera al bar ho trovato Zazà e Ciccio fare il giro dei tavoli  scegliendo solo i tavoli dove c’erano le ragazze carine. Tra una battutta e un tentativo di rimorchiare vendevano anche biglietti della lotteria e ho notato che i biglietti erano falsi. Ho chiesto a un nostro amico in comune per cosa erano i biglietti e mi ha detto che erano per una scuola. Non volevo dire niente, almeno non subito, ma alla vendita di biglietti a una ragazza che conoscevo sapevo che dovevo intervenire. Non potevo farlo pubblicamente, dovevo farlo lo stesso.

 

Un’oretta dopo sono andato al locale italiano vicino dove andavano a giocare a briscola e al primo cambio di coppie li ho portati fuori per fare due chiacchiere. Al mio tentativo di persuaderli a restituire i soldi hanno rifiutato, dicendo che i biglietti fossero veri. Alla mia insistenza Zazà finalmente ha ammesso “E allora? Se sono così sceme da comprare biglietti falsi, meglio i soldi in tasca nostra che nel loro portafoglio”. “Avete venduto biglietti ad Anna, vero?” gli ho detto. “Mbeh? Anche lei è scema,” ha risposto Zazà con un tono ironico. “Sai dove lavora?” gli ho chiesto immediatamente. “Che ce ne f....?” ha risposto Ciccio con il primo segno di impazienza. “All’ufficio del Procuratore Generale. Secondo voi, cosa succederebbe se dovesse mostrare quei biglietti a qualcuno nell’ufficio?”.

 

Finalmente hanno capito il messaggio e sono tornati immediatamente al bar per restituire i soldi con la scusa che volevano solo i numeri di telefono delle ragazze.

 

Era solo un caso su molti. Un’altra volta Zazà ha deciso di vendere oro rubato e nemmeno qui si mostrava furbo. Non lo vendeva lontano da dove era conosciuto, ma al solito bar alle ragazze che cercava di rimorchiare. Come quasi sempre, anche qui gli è finita male. Peggio ancora, eravamo presenti per vedere l'esito.

 

In quegli anni ci andava una ragazza greca con il sopranome Bubù. Una sera Zazà e lei si sono messi a parlare della prossimo partita tra la squadra italiana della città e quella greca, per motivi di orgoglio nazionale una partita sentita dalle rispettive tifoserie. Allora gli italiani erano in testa alla classifica e i greci a rischio retrocessione. Alla battuta di lui che gli italiani avrebbero vinto “cento a uno” lei si è offesa, rispondendo con un dollaro, “Accettata, cento a uno”. Lui ha preso subito i soldi, anche se pochi in fondo per lui erano soldi sicuri. Naturalmente hanno vinto i greci.

 

Il giorno dopo la partita quando si è presentato all’appuntamento con lei aveva scordato la scommessa ed è stato colta da sorpresa quando lei gli ha chiesto subito “Dove sono i miei soldi?”. “Quali soldi?" Le ha risposto. “Quelli della scommessa,” ha spiegato lei.  Zazà non sapeva come rispondere.

 

Sfortunatamente per lui noi amici eravamo al tavolo accanto e ci divertivamo al suo sconforto. Non ridevamo apertamente, ma non dubito che i nostri visi tradissero il nostro stato d’animo. Peggio ancora quando lei ha detto alla fine con calma, “Allora, se non paghi la scommessa, non ti pago l’oro”. Ovviamente l’appuntamento era per pagare l’oro che lei aveva fatto controllare prima ai comprare. Il valore dell’oro era molto superiore al valore della scommessa e lo sapevamo tutti.

 

Lui non riusciva a nascondere il suo stupore e ancora di più il suo fastidio ad aver sottovalutato una ragazza che di solito era timidissima. Siamo rimasti a guardare come il pubblico di una farsa napoletana, non potevamo ridere, ma ci divertivamo ancora di più.

 

La contesa è durata due settimane e in quel periodo abbiamo visto Zazà diventare sempre più cupo. Non voleva ammettere d’aver perso la scommessa, ma non nemmeno voleva perdere la vendita. Alla fine un amico comune ha fatto da negoziatore tra di loro. Zazà è stato costretto a pagare la scommessa, ma con un gesto che abbiamo capito benissimo lei ha rifiutato di comprare l’oro. Sarebbe quasi superfluo dire che quella è stata la fine della sua avventura dell’oro rubato.

 

Nel corso degli anni Zazà e Ciccio non sono stati gli unici italiani che ho conosciuto che volevano fare soldi senza dover lavorare. C’è stata la truffa dei marinai che vendevano argenteria che risultava placcata. Come anche i soliti tentativi di truffare assicurazioni per incidenti sul luogo di lavoro, oppure in seguito a banali incidenti stradali. Ho visto persino un amico di Zazà inscenare il furto e l'incendio della propria macchina per motivi di assicurazione. Molti casi sono finiti male, ma nel corso degli anni alcuni ci sono riusciti a fare qualche soldo, però mai ai livelli che pensavano di poter fare.

 

Per quantro le sventure di Zazà possono far ridere, in fondo si tratta di comportamento criminale, anche se maldestro. Purtroppo, questi casi non fanno altro che perpetuare i luoghi comuni che accompagnano gli italiani all’estero. Nei paesi con immigrazione inevitabilmente eventuali arresti diventano notizie di prima ordine per il solo fatto d’avere immigrati come protagonisti. Infatti, lo vediamo ogni giorno in Italia nei giornali e i notiziari televisivi e scordiamo che i criminali sono una piccola minoranza della loro nazionalità. Di conseguenza tutti gli immigrati di determinati paesi vengono timbrati come criminali, proprio come fanno all’estero con noi italiani.

 

L’Italia è un paese meraviglioso e solo negli ultimi decenni ha visto nascere Vittorio Gassman, Umberto Eco, Rita Levi Montalcini, Sophia Loren e Gina Strada che sono solo una piccola parte dei personaggi che hanno portato molto onore al nostro paese. Però, allo stesso tempo sono nati nel nostro paese Totò Riina, Tano Badalamenti, Giovanni Brusca e altri che hanno commesso orrori inimmaginabili nelle loro carriere criminali che hanno lasciato un segno terribile sulla nostra immagine internazionale  più grande dei loro numeri.

 

Quando andiamo all’estero dà fastidio a noi italiani quando siamo trattati come facessimo parte del secondo gruppo invece che del primo. È un fastidio che lascia l’amaro in bocca perché non facciamo parte di quella minoranza criminale.

 

Allora, se questi luoghi comuni ci fanno sentire male perché lo facciamo agli altri?








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