Rss di IlGiornaleWebScrivi a IlGiornaleWebFai di IlGiornaleWeb la tua home page
Giovedì 06 novembre 2025    redazione   newsletter   login
CERCA   In IlGiornaleWeb    In Google
IlGiornaleWeb

Cultura - SocietàGianni Pezzano

CONDIVIDImyspacegooglediggtwitterdelicious invia ad un amicoversione per la stampa

09 Giugno 2015
In tempo di guerra
di Gianni Pezzano



In tempo di guerra
Fokker Triplano

Mentre guardavo gli aerei all’Air Show di Lugo domenica mi è venuta in menta la celebre frase dal film “Il Terzo Uomo” di Orson Welles quando il protagonista Harry Lime dice “In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, spargimento di sangue,  hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e di democrazia, e cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù.”

 

Sarebbe facile dire che il ragionamento di Lime sia sbagliato nella sua spiegazione storica, ma nel vedere gli aerei in mostra e pensando agli sviluppi tecnologici in quel mezzo nei trent’anni seguenti, bisogna riconoscere che in fondo la frase ha una grandissima base di verità. E il ragionamento non vale solo per l’Arte.

 

Senza dubbio l’aereo più famoso del primo conflitto mondiale era il Fokker triplano del “circo” del Barone Rosso e nel vedere una riproduzione fedele di quell’aereo allo show ci voleva poca fantasia per capire perché il piloti di questi aerei erano considerati i cavalieri moderni. Quel conflitto produsse molti esempi di atti cavallereschi da parte dei piloti e non era insolito che inviassero fiori ai funerali degli avversari abbattuti.

 

Il Barone Rosso, Manfred von Richtofen, diventò il simbolo internazionale di quella generazione di cavalieri aeronautici e ogni paese trovò il proprio idolo. Per gli americani era Eddie Rickenbacker, per gli inglesi Albert Ball e per i francesi Georges Guynemer. L’aeroporto di Lugo porta il nome dell’idolo italiano di quella guerra, Francesco Baracca, nativo del paese.

 

Come sappiamo tutti il suo simbolo è ora il marchio italiano più conosciuto nel mondo, il cavallino rampante della Ferrari. Sarebbe bello se il mondo intero sapesse la Storia di questo simbolo.  

 

Gli aerei dell’epoca erano rudimentali e la tecnologia scadente. All’inizio del conflitto le loro armi erano rivoltelle e fucili e gli aerei erano considerati poco più di giocattoli dai generali e il loro ruolo iniziale era limitato solo all’osservazione dei movimenti delle truppe e le posizioni del nemico. Naturalmente la mente umana trovò i mezzi per permettere agli aerei prima di poter sparare con mitragliatrici tra le eliche e poi di poter portare bombe rudimentali al posto delle granate buttate a mano dall’abitacolo dal pilota. Entro la fine della guerra le forze in lotta produssero i primi veri bombardieri.

 

Vedere volare questi esempi faceva venire i brividi. Erano macchine di legno e di stoffa, con poca protezione per il pilota per ridurre il peso a causa di motori deboli e, almeno agli inizi, senza paracadute, e perciò colpiva il coraggio degli uomini che volavano e combattevano per il loro paese.

 

Nel primo conflitto mondiale le forze in campo non avevano ancora deciso se l’aereo oppure gli zeppelin fossero il mezzo di trasporto del futuro. Nella Grande Guerra i tedeschi utilizzivano gli Zeppelin, le mongolfiere moderne in forma di sigaro per bombardare città, persino in Inghilterra. Ma, in fondo, gli effetti degli aerei non ebbero un impatto enorme sullo svolgimento della Grande Guerra, fu deciso dai milioni di morti nelle trincee nei due fronti.

 

Di conseguenza, nell’immediato dopoguerra gli aerei furono quasi scordati dai comandi militari. Erano considerati, almeno dalle forze americane e britanniche, come un mezzo di ricognizione più che un mezzo di combattimento. Il paese che capì per primo la lezione del conflitto mondiale fu la Germania, soprattutto sotto Hitler. Appena avuto il potere una delle prime mosse del nuovo dittatore fu di ordinare lo sviluppo di aerei moderni, non solo caccia, ma specialmente bombardieri. Solo quattro anni dopo, nel 1937, durante la Guerra Civile Spagnola il mondo ebbe il primo sentore del terrore dal cielo in un giorno reso noto da Pablo Picasso. Nel suo quadro più famoso “Guernica” l’artista immortalò il primo paese raso al suolo da aerei.    

 

Stranamente la Germania ebbe un alleato inatteso in questi sviluppi delle sue forze aeree. Per raggirare i limiti imposti dal Trattato di Versailles i tedeschi addestrarono la loro nuova generazione di piloti nell’Unione Sovietica di Stalin. Sicuramente questo accordo segreto sarà poi ricordato con amarezza dal dittatore sovietico nei giorni più bui dell’invasione tedesca del suo paese.

 

A questo punto il dibattito del ruolo degli zeppelin era già stato deciso definitivamente dal disastro del Hindenburg nello stesso anno di Guernica. I loro limiti di velocità e di manovrabilità, oltre i pericoli dell’idrogeno utilizzato per permetter loro  di volare portarono alla decisione di scartarli da quasi tutti. Gli unici a utilizzarli in modo attivo durante il secondo conflitto mondiale erano gli americani per la ricognizione di sommergibili tedeschi lungo le coste, un ruolo dove i loro limiti non creavano problemi.

 

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il mondo vide gli effetti degli sviluppi tedeschi dei loro aerei bellici. Gli unici che avevano aerei capaci di tener testa ai tedeschi erano gli inglesi, come fu dimostrato nella Battaglia di Bretagna che fermò l’inesorabile avanzata delle forze tedesche. Gli americani capirono la lezione e le loro industrie studiarono il corso della guerra per prepararsi per un conflitto che tanti speravano di evitare, ma altri, il President Roosevelt in primis, sapevano essere inevitabile.

 

Non era un caso che furono gli alleati dei tedeschi, i giapponesi, a costringere gli americani a entrare in guerra con l’attacco alla base navale di Pearl Harbor del 6 dicembre, 1941. Le condizioni del teatro di guerra nell’Oceano Pacifico mostravano che i giapponesi si erano preparati per una guerra aerea con gli americani. Infatti, la battaglia navale di Midway fu la prima nella storia dove le navi nemiche non si videro mai e fu decisa dalla superiorità numerica degli aerei americani.

 

Entro la fine della Seconda Guerra Mondiale, meno di trent’anni dopo la fine della Grande Guerra gli aerei in uso erano irriconoscibili da quelli usati allo scoppio. Il detto di Harry Lime nel film fu dimostrato al costo di milioni di vite e un mondo cambiato irrimediabilmente dalla situazione politica internazionale del 1939.

 

A questo punto i piloti non erano più i cavalieri del primo conflitto mondiale. Già all’inizio del nuovo conflitto i caccia portavano camere che riprendevano i tiri dei mitra per avere prove delle capacità dei piloti e, soprattutto, per verificare gli aerei nemici abbattuti e di poter identificare a chi accreditare l’abbattimento. Purtroppo, questi filmati dimostrarono non solo che i piloti, di entrambi le parti, sparavano sui piloti nel paracadute, ma anche gli attacchi a colonne di civili nemici in fuga.

 

Il periodo della cavalleria bellica non finì per sempre con i piloti che commisero quei delitti ingiustificabili. Il romanticismo degli aerei finì in Spagna nel giorno in cui Picasso immortalò la distruzione della guerra. Quel giorno il mondo seppe del nuovo terrore in arrivo. Gli ordigni nucleari che distrussero Hiroshima e Nagasaki per porre fine al conflitto non ne erano che la conferma.     

 








  Altre in "Società"