 È stata una vacanza che mi ha fatto molto pensare su una situazione che tormenta il paese da molte generazioni, ma dove nessuno riesce a trovare una soluzione.
Durante l’ultima parte del volo verso l’aeroporto di Lamezia Terme abbiamo visto sulle montagne e colline della Calabria un segno che anche queste zone possono cambiare nel tempo. La presenza di numerose pale eoliche per produrre elettricità senza inquinare dimostrava che la tecnologia ha il potenziale per contribuire a modernizzare zone come questa.
Purtroppo, la tecnologia da sola non basta senza il contributo attivo dell’Uomo e ancora una volta abbiamo capito che l’Italia non è unita e che le regole di convivenza e di sviluppo non sono uguali da zona a zona.
Poi è arrivata la scoperta che la casa che ci avrebbe ospitato non aveva connessione internet e nel paese non esisteva un luogo con il Wifi, oppure un internet bar. A livello tecnologico eravamo tornati indietro di trent’anni. Questa mancanza ha non ha influito a rovinare la vacanza, però, l’assenza del collegamento a internet limitava i nostri contatti con giornali e amici in giro nel mondo.
Ci siamo resi conto di quanto l’uso di internet sia entrato nelle nostre abutidini quotidiane. Ci siamo abituati a leggere i giornali e le notizie internazionali in tempo reale e di sapere notizie da altri paesi molto prima dei notiziari e dei giornali italiani. Nel mio caso l’assenza di Skype, ormai il mezzo di preferenza nelle nostre comunicazioni, non mi ha permesso di fare gli auguri di compleanno a una zia e un cugino in Australia e i messaggi sono partiti via cellulare invece delle lunghe chiacchierate video a cui eravamo abituati.
Naturalmente la mancanza di connessione non riguardava tutto il territorio, però fuori dai centri più popolosi e dalle zone turistiche internet non era ancora esteso come in altre regioni del paese.
Se fosse stata l’unica mancanza in quel periodo non sarebbe male di per sé. Una vacanza è per divertirsi e ho avuto l’opportunità di leggere un libro che, tra una cosa e l’altra, non ero ancora riuscito a finire. Ma i giorni passati andando da paese a paese, a trovare amici e parenti e a vedere luoghi nuovi, o rivisitare luoghi amati del passato, ci hanno fatto vedere che poi le cose in quelle zone non sono poi cambiate così tanto come alcuni vorrebbero far credere.
In una zona dove la coltivazione dell’ulivo risale al periodo glorioso della Magna Grecia, un periodo ancora evidente in tanti cognomi, era triste vedere oliveti secolari lasciati abandonati. Era il segno che una parte della popolazione non aveva più contatto con la ricchezza della sua terra e che piano, piano stanno sparendo le tradizioni delle passate generazioni.
Come anche vedere case iniziate decenni fa e mai finite e dove la gente vive in un solo piano perché non ha i mezzi per finire gli altri piani. Alcune di queste case appartengono ad abitanti che sono andati in Germania e in altri paesi a lavorare, ma che, per qualche motivo, non sono riusciti a completare la costruzione. Oppure, peggio ancora, è svanita la voglia di tornare al paese.
Sono tutti segni di problemi seri che tormentano il paese sin dal Risorgimento e la guerra al brigantaggio. Sono problemi che hanno ispirato libri da riempire intere biblioteche di cui “Il Gattopardo” ne è soltanto il più famoso. Ma il libro che descrive le terre di questo viaggio purtroppo è quasi scordato ormai, “La Gente di Aspromote” di Corrado Alvaro.
La soluzione di questi problemi non è facile. La generazioni di emigrati che hanno lasciato queste regioni per fare vite nuove in tutto il mondo con il loro lavoro e il loro talento dimostrano che nel cuore di quella gente esiste la capacità di trovare le vie d’uscita, ma non bastano solo i soldi per risolvere questi problemi. Sarebbe facile parlarne con luoghi comuni, ma sono problemi da affrontare su più fronti e non di concentrare su una sola parte di un dilemma complesso.
Per decenni i governi nazionali hanno cercato soluzioni quasi disperate, sia fornendo somme colossali di soldi, tanti dei quali non sono mai scesi sotto Roma e sia facendo guerre per la legalità che da sole non potranno mai avere successo. Questi tentativi sono stati fallimenti enormi con l’unico risultato vero di etichettare quelle zone come irrecuperabili. Questa etichetta non è il fallimento di questi territori, è il fallimento di tutto il paese.
La chiave per risolvere i problemi di queste zone tormentate è nella gente e nella gioventù e di poter dare loro quella speranza e quella volontà senza le quali non viene la voglia di lavorare le terre e di sviluppare un turismo mai spiccato del tutto al volo. Il turismo in particolare potrebbe essere la chiave fondamentale per un futuro nuovo, ma senza cambi fondamentali e strutturali in tutti i settori di queste zone il turismo è destinato a rimanere una chimera, almeno nel prossimo futuro.
La presenza di importanti burocrati meridionali in tutti i ministeri e in posizioni di potere nelle forze dell’ordine e la magistratura, come anche in tutti i settori industriali italiani dimostra che esiste una base per trovare soluzioni a questi problemi. La sfida del futuro è di poter formare una squadra di queste persone capaci di far cambiare la regione, a partire da chi ci vive ancora.
Non è possibile in un articolo di circa mille parole dare risposte concrete, anzi, sarebbe impossible. Spetta alla stampa di tutto il paese guardarsi in faccia e cominciare a chiedere se davvero questi problemi siano stati affrontati in modo da poter trovare soluzioni e non solo per riportare tragedie e scandali da riempire le cronache.
Queste zone hanno milioni di discendenti sparsi per tutto il mondo e anche loro potrebbero avere un ruolo da svolgere nel far rinascere zone che una volta erano ricchissime e fornivano viveri non solo agli antichi Greci e all’Impero Romano, ma a tutto il Mediterraneo.
Sarebbe davvero impossibile creare le condizioni per permettere a industriali oriundi di inverstire nei loro paesi di nascita per poter far risollevare i loro parenti? Sarebbe davvero impossibile smettere di considerare il meridione del paese come una caso perso e di cominciare a pensare di trattarlo come un’opportunità per il paese? Penso proprio di no e abbiamo visto la prova dal finestrino al ritorno da quella vacanza.
Abbiamo visto come la terra dell’Emilia Romagna era coltivata fino all’ultimo metro quadro e i capannoni di fabbriche e imprese che hanno reso ricco tutto il paese. In una zona quasi distrutta dai combattimenti durante l’ultima guerra mondiale sono la prova che è possibile risorgere e crescere ancora più di prima.
Se l’Italia è capace di creare queste opportunità in queste regioni, non esiste motivo di non poterlo fare in altre zone. La soluzione non si trova solo in un territorio, ma nell’azione di tutto il paese.
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