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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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17 Febbraio 2015
Che non finisca qui
di Gianni Pezzano



Che non finisca qui
Adriano Celentano

Non entriamo nel merito del Festival di San Remo, ormai gli articoli a riguardo sono migliaia e ogni persona reagisce secondo i propri gusti musicali e pregiudizi culturali.

L’istinto di scrivere dopo il Festival sarebbe di sentire le canzoni e cercare di indovinare quali di queste diventeranno successi all’estero come Non ho l’età, Il ragazzo della via Gluck che sono stati successi mondiali in inglese e altre lingue.

 

Con l’inizio della loro tournée ci vuole poco per capire che il Volo ha il compito facilitato a trasformare la vittoria sanremese in successo internazionale. Per gli altri cantanti aspettiamo di vedere cosa succederà, augurando loro tanto successo perché un successo mondiale  diventa poi fonte di guadagno economico per tutto il paese.

 

Ed è proprio questo pensiero che viene in mente mentre guardiamo i progammi che analizzano e pronunciano sentenze sui successi e fallimenti dello spettacolo musicale. Ogni commento viene condizionato dalla speranza che Mamma Rai sia capace non solo di trasmettere le immagini di San Remo all’estero, ma di farlo diventare vetrina internazionale per l’industria musicale italiana. Senza dubbio produttori musicali esteri sin dal primo giorno hanno studiato quali canzoni siano adatte al loro pubblico e quale paroliere sia capace di scrivere parole per le esigenze grammaticali di queste lingue.  

 

Però uno sforzo del genere non deve essere isolato, oppure lasciato a caso. Ogni promozione di spettacoli del genere, come anche promozioni di libri e film italiani devono essere programmati e studiati attentamente per poter assicurare che il pubblico internazionale sia concreto e non solo potenziale.

 

La RAI ha certamente un ruolo importante in questo ambito, ma che non agisca da sola. In effetti la RAI attualmente è quasi l’unico mezzo internazionale che il governo ha in funzione per queste promozioni.

 

Per almeno un decennio i vari governi italiani hanno tagliato fondi per la promozione della lingua e della cultura italiana perché sono tagli “indolori” a livello elettorale e dunque i politici non corrono rischi di perdere voti e potere. Ma sono tagli che fanno male perché hanno tagliato fonti di guadagno potenzialmente enormi per il nostro paese.

 

Basta pensare a Hollywood e a Bollywood, come anche la Cina degli ultimi vent’anni per capire l’importanza del cinema per i loro paesi. Già da oltre un decennio gli indiani hanno modificato il loro cinema per i gusti internazionali e ne colgono i frutti. Cosi anche i cinesi. Possiamo dire la stessa cosa per l'Italia?

 

Nessuno in questi paesi,compresi gli Stati Uniti che danno incentivi tassabili a chi investe nel cinema, sognerebbe di tagliare contributi e aiuti governativi. Invece in Italia succede proprio cosi e in questo modo non solo ci facciamo male da soli, cosi togliamo un concorrente potenzialmente potente dal mercato internazionale.

 

A parte qualche eccezione come ”La migliore offerta” di Tornatore e ovviamente  “La Grande Bellezza” di Sorrentino, i produttori cinematografici italiani girano film con poco mercato internazionale. I famosi cinema panettoni hanno un pubblico limitato fuori i confini nazionali, però da almeno vent’anni film del genere occupano una grande fetta della produzione locale.

 

Vedo film francesi come “Quasi amici” e “Non sposate le mie famiglie” che trattano temi che sono veri e attuali anche in Italia in modo divertente e accessibile a tutto il pubblico e non per un’élite limitata e mi domando cosa ci vuole a far capire ai nostri produttori che i film possono piacere senza limitarli ai semplici luoghi comuni.

 

E quel che vale per il cinema vale anche per tutte le facce della cultura italiana. Perché non cominciamo a trattare la cultura non soltanto come un bene da proteggere a tutti i costi, ma anche come il prodotto più bello del nostro paese?

 

Parliamo giustamente del “made in Italy” per tutta la produzione industriale italiana, dalla Ferrari alle macchine industriali più importanti, dalle piastrelle a tutti i prodotti agroalimentari. Sono prodotti che il mondo ci invidia.

 

Perché non facciamo la stesso cosa, anzi a un livello più intensivo, per il prodotto italiano più importante e caratteristico nel mondo, la nostra Cultura?

 

L’Expo di Milano si concentra sull’alimentazione come tema e in questo non c’è niente da criticare. Se la FAO ha la sua sede a Roma, il motivo è semplice, noi insegniamo al mondo le migliori pratiche alimentari esistenti.

 

Però mi chiedo, quanti avvenimenti culturali  si terranno in Italia da maggio in poi e quanti di questi cercano di attirare una pur minima parte del pubblico internazionale che verrà a Milano? Sarebbe stato ideale far coincidere concerti, mostre e spettacoli per quel pubblico, ma temo che questo non succederà ai livelli che la nostra cultura merita e del quale ne ha urgente bisogno.   

 

I soldi tagliati alle ambasciate italiane in quasi ogni paese del mondo e agli Istituti Italiani di Cultura nei paesi più importanti potevano essere utilizzati per promuovere attrazioni culturali turistiche per chi verrà per l‘Expo. Soldi spesi in quel modo non sarebbero stati “sprecati”, come alcuni politici credono, ma sarebbero stati investimenti importanti ripagati dalle tasche dei turisti. Entrate che sarebbero diventate non solo profitti per gli organizzatori, ma anche e soprattutto trasformate in posti di lavoro dei quali questo paese ha urgentmente bisogno, specialmente per i giovani.

 

Il Festival di San Remo è soltanto una faccia della Cultura italiana e nemmeno i suoi detrattori possono negare che ha aiutato a lanciare le carriere di tanti dei migliori artisti italiani dell’ultimo mezzo secolo. Dobbiamo cogliere manifestazioni come queste per dare la migliore visione del paese, non solo in spettacoli popolari, oppure solo in spettacoli di alta cultura, ma in spettacoli e manifestazioni per tutti i gusti.

 

Ma nel fare queste considerazioni dobbiamo ricordare anche un altro fatto di importanza assoluta.I soldi dei turisti, come le vendite all’estero dei prodotti della nostra cultura come libri, musica e film sono un mezzo fondamentale da utilizzare per restaurare quelle opere e quei luoghi che ne hanno bisogno e per mancanza di soldi spesso vengono abbandonati. In un periodo economico difficile  il governo non ha i mezzi per lavori del genere ai livelli necessari.

Utilizziamo le entrate della cultura per la cultura, per aprire nuovi luoghi in Italia per i turisti così avranno sempre posti nuovi da vedere nel nostro paese e avranno sempre un motivo in più per tornarci.

 

Non trattiamo la Cultura solo come un intrattenimento occasionale come facciamo ora, ma come fonte di orgoglio da curare e promuovere perchè la nostra lingua e la nostra cultura sono le due cose che ci rendono unici.

Se non le valorizziamo e non le trattiamo nel modo che meritano perché ci meravigliamo quando i turisti non lo fanno?  








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