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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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03 Febbraio 2015
Il treno venuto da lontano
di Gianni Pezzano



Il treno venuto da lontano
i treni dei migranti

Pietro Fedele non era solo il Ministro della Pubblica Istruzione durante il Ventennio fascista, era anche un personaggio importante delle vita intellettuale italiana, ma aveva un debole, amava il suo paese Minturno e si rifiutava di trasferirsi permanentamente a Roma per il suo lavoro. All’epoca però non era facile fare il pendolare con un paese a oltre 150 km da Roma e il governo doveva trovare il modo di permettere al Ministro di dormire a casa ogni notte.

 

Naturalmente non esisteva negli anni 20 e 30 l’autostrada del Sole che oggi lo porterebbe a casa facilmente e le auto blu dell’epoca non promettevano viaggi lunghi e comodi. La soluzione fu semplice, il governo ordinò che l’espresso Roma-Napoli della tarda sera facesse una fermata a Minturno. Tale è la burocrazia italiana che benchè Fedele fosse morto nel 1943, nel 1980 quel treno si fermava ancora solo a Minturno.

 

Nel 1980 ho deciso di prendere quel treno della notte per andare in Calabria per passare il Natale con i parenti di mio padre. Pensavo che di notte avrei passato un viaggio quieto e comodo. Mi sbagliavo e di brutto.

 

Il momento che sono salito a bordo ho scoperto una realtà che allora non conoscevo e che oggi in un’epoca di Frecce Rosse e prenotazioni computerizzate tutti abbiamo scordato. Il treno non era pieno, era stracolmo e ho dovuto passare la notte in corridoio seduto sulla mia valigia. Non ho potuto dormire e tutt’oggi non riesco a capire come alcuni altri passeggeri sono riusciti a farlo.   

 

Ho scoperto che quel treno non originava più da Roma come all’epoca di Fedele, ma con il passare dei decenni il numero del viaggio era stato assunto da un treno che iniziava il suo viaggio in Germania. Era diventato il treno degli emigrati calabresi e siciliani che tornavano alle loro famiglie per passare le feste.

 

In quella carozza i tanti fumatori avevano reso l’aria come una nebbia fitta. Naturalmente i servizi erano in pessimo stato, ma non ero l’unico viaggiatore solitario a resistere a lungo per paura di perdere la valigia durante la pausa fisiologica. Alla fermata di Napoli i venditori ambulanti hanno fatto affari d’oro a vendere bevande e cibi ai passeggeri, particolarmente a coloro che erano partiti molte ore prime dalle varie città tedesche.    

 

Nel corso della notte ho sentito accenti e dialetti da tutto il meridione italiano. C’era chi raccontava della famiglia, chi di calcio e chi parlava soltanto per far passare il tempo,  che quella notte ci sembrava infinita. Diverse volte il treno si è fermato per motivi inspiegabili e alcuni se ne sono approfittati per allungare le gambe. A un certo punto le ultime carozze son state staccate per passare al binario (unico) della costa Ionica, mentre noi abbiamo continuato il viaggio fino a Reggio Calabria dove ho dovuto aspettare due ore per prendere la coincidenza verso il paese di mio padre.

 

Ho parlato con alcuni dei miei compagni di viaggio che mi spiegavano che facevano quella rotta almeno tre volte all’anno. Molti di loro avevano lasciato la moglie e i figli ai loro paesi e inviavano i soldi a casa, non solo per le spese quotidiane, ma anche per costruire case nuove che sarebbe stato impossibile fare se fossero rimasti a casa. A sentire questo mi sono ricordato delle case in costruzione in Calabria che avevo visto nei miei viaggi precedenti e mi sono chiesto quante di queste erano di questi viaggiatori.

Mentre scendevo dal treno ho notato che tanti portavano più di una valigia ed era ovvio che contenevano regali natalizi dalla Germania per le famiglie. Noi che siamo scesi a Reggio Calabria eravamo fortunati, il nostro viaggio stava per finire, ma il treno doveva proseguire fino a Palermo con i suoi passeggeri siciliani. Noi che siamo scesi a Reggio eravamo stanchi e ci vuole poco per capire in che stato sarebbero arrivati i viaggiatori fino a capolinea.

 

Tre mesi dopo mi sono trovato in una situazione simile quando sono andato a fare visita ai parenti in Piemonte e ho condiviso la carozza piena di ragazzi di leva che tornavano a casa per una licenza. Alcuni di questi ragazzi erano partiti da caserme nel sud del paese e ho condiviso con loro la seconda parte di un lungo viaggio.

 

Oggi siamo fortunati. Non solo perché le strade e le macchine moderne permettono viaggi veloci via autostrada per gli emigrati che ora hanno l'auto, un lusso difficile da ottenere all’epoca. Oppure, per chi ancora viaggia in treno, ci sono mezzi più comodi e veloci di una volta. Inoltre, la tecnologia moderna permette di limitare il numero di persone che viaggiano sugli intercity, gli espressi di una volta.

 

I viaggi lunghi ora esistono solo per coloro che sono emigrati in altri continenti. Nel caso dell’Australia il viaggio dura una ventina d’ore con la possibilità di fare soste durante il tragito. Anche in questi casi la tecnologia ha portato miglioramenti enormi nei mezzi. Non scorderò mai il nostro primo viaggio in Italia nel 1972 con uno dei primi Boeing 747, il famoso Jumbo. Il viaggio in Italia è durato ben oltre le 20 ore con soste di rifornimento a Hong Kong, Bangkok, Mumbai e Bahrein prima di arrivare a Roma. Ora lo stesso viaggio si fa con una sola sosta.

 

Da tanto in tanto penso a quegli uomini sul treno. Mi domando quanti di loro hanno realizzato i sogni di fare una casa in Italia per poi tornare finalmente a vivere insieme alle loro famiglie. Mi domando quanti sono rimasti per sempre in Germania perché non si trovavano più al loro aggio nel paese di nascita.

 

Ma per quanto sia stato difficile per chi è partito, mi domando anche dei sacrifici di chi è rimasto a casa. Una generazione nata e cresciuto senza la presenza di un padre. Mi domando dei sacrifici delle mogli che dovevano prendere decisioni da sole perché anche telefonare ai mariti regolarmente era costoso e non tutti avevano il telefono in casa, sia in Germania che in Italia. Infine, mi figuro le difficoltà dei figli di quegli uomini che sono cresciuti quasi come orfani e vedevano i compagni di scuola che avevano una vita famigliare normale.

 

Anche queste storie fanno parte della storia d’Italia. Senza la decisione di questi milioni di persone di lasciare il paese l’Italia che conosciamo non sarebbe stata possibile. Sarebbe un peccato che questi sacrifici fossero scordati.        

 








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