Rss di IlGiornaleWebScrivi a IlGiornaleWebFai di IlGiornaleWeb la tua home page
Giovedì 06 novembre 2025    redazione   newsletter   login
CERCA   In IlGiornaleWeb    In Google
IlGiornaleWeb

Cultura - SocietàGianni Pezzano

CONDIVIDImyspacegooglediggtwitterdelicious invia ad un amicoversione per la stampa

22 Dicembre 2014
Le tradizioni nuove
di Gianni Pezzano



Le tradizioni nuove
il telegramma

Quando ero ragazzo mia madre diceva che a Natale le mancava sentire gli zampognari. Nel 1972 quando siamo andati a passare le sante feste in Italia, una mattino al suo paese nel Lazio fece un grido di gioia alle prime note delle zampogna. Fu il nostro primo assaggio di Natale in Italia.

La settimana dopo al paese di papà in Calabria le zie le hanno inseganto a fare la loro tradizionale pita natalizia. Da quell’anno la pita ha sempre fatto parte della nostra tradizione natalizia, insieme alla zeppole dolci e salate delle tradizioni materne. Già anni prima di quel viaggio nel nostro menu natalizio c’era anche il Christmas Pudding che gli inglesi portarono nelle colonie diventate poi l’Australia.  

Nell’emisfero sud il Natale si festeggia in estate e questo permette cambi delle tradizioni europee che nulla tolgono al significato della giornata. Nel caso della nostra parocchia, la messa natalizia di mezzanotte si canta all’aperto, nel giardino del convento di fianco alla chiesa. C’è qualcosa di appropriato ad onorare l’occasione sotto le stelle.

Inoltre, questa parrocchia non ha solo una fortissima comunità italiana, ma anche una forte presenza maltese, a partire dai parroci. Per questo motivo gli inni cantati sono quelli di tutti e tre i paesi rappresentati e la preghiera dei fedeli è ripetuta in ognuna delle loro lingue.

Nel caso degli inni, ricordo come quando il coro iniziava a cantare in inglese “Oh come all ye faithful...” le parole che mia madre e tanti italiani cantavano erano “Adeste fideles...”, come le “Silent Night” avevano un eco che iniziava con “Astro del ciel...”. Però solo gli italiani conoscono “Tu scendi dalle stelle”.

Per noi residenti all’estero il Natale era la festa dove senti maggiormente la mancanza dei parenti in Italia e sparsi in altri continenti. Era la festa che ti faceva sentire la tirannia delle distanze che separano i componenti della famiglia. Le preparazioni iniziavano già mesi prima con mamma che comprava i regali da mettere nei pacchi da inviare  ai nonni e agli zii. Le poste australiane davano tantissimo preavviso sull’ultima data di spedizione per assicurarsi che i pacchi arrivassero entro il 25 dicembre. Ricordo la nostra attesa del pacco dei nonni e c’era un'aria di mistero perché i regali erano spesso articoli difficili da trovare nell’Australia di allora. Nel mio caso, il mio primo libro in italiano fu proprio un regalo natalizio dei miei nonni e fa ancora parte della mia biblioteca personale.

Ma i pacchi non erano le persone e avere i regali nelle mani non valeva quanto sentire le voci di chi li avevano preparati. In un’epoca di comunicazioni facili via internet, tanti non sanno che nei primi decenni dopo la guerra le telefonate intercontinentali erano care e da fare tramite il centralino. In un paese di alta percentuale di immigrati quale era l’Australia il volume del traffico del centralino era limitato. Allora bisognava prenotare la chiamata e raramente arrivava all’orario fissato.

La nostra famiglia non era l’unica che non si spostava da casa per una giornata intera perché la telefonata non arrivava e a volte l’attesa durava giorni. Se qualcuno cercava di chiamarci quel giorno il discorso era destinato a durare poco perché mamma o papà non volevano rischiare di perdere la chiamata con la famiglia in Italia. Per noi giovani la chiamata era un rito per ringraziare i nonni, per cercare di rispondere a domande fatte in un accento strano e non sempre comprensibile. Le voci nella cornetta erano da persone sconosciute a noi giovani e che abbiamo visto solo anni dopo nei viaggi in Italia. Purtroppo, in alcuni casi non siamo mai riusciti a conoscerle di persona.

Le chiamate finivano sempre nello stesso modo, con lacrime. Da giovane non apprezzavo il dolore dei miei genitori. Ora capisco che loro non sapevano mai se quella chiamata sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero sentito le voci dei cari rimasti in Italia.

Naturlmente la comunicazione a lunga distanza non si sentiva solo a Natale, o solo via telefono. Le lettere erano il mezzo preferito perché costavano poco, ma avevano il difetto che dovevi aspettare settimane o mesi per sapere le risposte. Infatti, non sempre le lettere arrivavano in ordine e allora i miei genitori sapevano l’esito di vicende prima ancora di sapere che esistessero problemi per i parenti. Di solito le lettere contenevano le notizie buone, di matrimoni, nascite e tutte le altre vicende che ci rendono felici.

Esisteva un mezzo di comunicazione che era limitato a solo due occasioni, il telegramma, veloce, ma costoso. Il telegramma era il mezzo per fare arrivare gli auguri agli sposi e una parte dei ricevimenti era sempre riservata per la lettura degli auguri dei tanti parenti all’estero, di solito tutti, che non potevano essere presenti alla nozze. Ma la seconda occasione era per le occasioni più tristi.

Mi ricordo ancora il grido di mia madre quando aprí la porta una sera e vide il corriere con la busta del telegramma in mano. Lei sapeva che il nonno era malato e non aveva bisogno di aprirlo per conoscerne il contenuto. Mio zio che abitava con noi entrò nel salotto per chiudere il televisore che mio fratello ed io guardavamo, era l’inizio di mesi di lutto.

Pensiamo che le tradizioni siano immutevoli, ma non è vero. La rivoluzione elettronica ha cambiato come comunichiamo e ci fa sapere notizie quasi nell’istante in cui succede qualcosa. La rete internazionale di linee aeree assicura che possiamo tornare in Italia in un giorno o due e non più in settimane o mesi. Sentiamo meno le distanze, ma c'è sempre un limite nei nostri rapporti con i parenti lontani.

Cerchiamo di mantenere le nostre tradizioni, ma con il tempo sono destinate a mutare. All’inizio ci faceva scandalo sapere che famiglie australiane passassero il loro Natale al mare, ma ora non sono poche le famiglie oriunde che fanno la stessa cosa. Il nostro menu natalizio non ha mai smesso di cambiare con ogni nuovo componente della famiglia, come anche con la perdita dei nostri cari.

Valorizziamo il Natale, come dobbiamo sempre onorare anche le altre occasioni perché ci danno i ricordi più cari e importanti. Sono le occasioni che segnano le tappe della nostra vita e ci fanno diventare quel che siamo. Le tradizioni arrichiscono queste occasioni, ma come cambiamo noi, cambiano anche le tradizioni.








  Altre in "Società"