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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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12 Dicembre 2014
Un altro campo di battaglia
di Gianni Pezzano



Un altro campo di battaglia
Gascoigne mima il
gesto del pifferaio

Un giorno Marco, un amico perugino, mi disse che quando era giovane il padre gli proibiva di seguire il suo Perugia nella trasferta di Arezzo. “Troppe baruffe in quella partita”, era la spiegazione del padre al figlio tifoso. “Guelfi contro Ghibellini?” gli ho chiesto tra il serio e il faceto. “Certo,” mi ha detto Marco con un sorriso prima di dire orgogliosamente, “E noi perugini eravamo Guelfi!”.

Penso spesso a quelle parole quando si parla del tifo calcistico perché i tifosi spesso non si rendono conto che il campo di calcio è diventato il nuovo campo di battaglia di lotte interne che spesso durano da secoli. Non solo in Italia, ma anche in tutta Europa

Quando parliamo di tifo calcistico ci vengono in mente i colori delle squadre e non pensiamo alle lotte, in tutti i sensi, e che i vari derby come Juventus-Torino, Roma-Lazio, Inter-Milan per ricordare i più celebri, riflettono le differenze nelle città. Il caso classico è a Roma dove fino a poco tempo fa le tifoserie erano divise da idee politiche, oltre che dall’antagonismo sportivo.

Nel suo libro, “La Tribù del calcio” il celebre antropologo Desmond Morris descrive le tifoserie dei vari paesi. In questo libro Morris dimostra come le tifoserie si comportano come tribù primitive dove gli allenatori sono gli sciamani, i calciatori sono i guerrieri e  i cori dei tifosi sono come canti di battaglia delle tribù.

Nel vedere le cronache degli scontri tra tifoserie spesso non ci rendiamo conto che queste contese sportive non sono solo un luogo per prendere in giro e beffare i tifosi dell’altra squadra, ma presentano anche l’opportunità di esprimere dissenso politico, o sociale.

Il calcio spagnolo ci fornisce un esempio classico della contrapposizione tra storia e sport dove il fulcro della situazione è il Real Madrid, non solo la squadra più famosa e titolata del paese, ma anche il simbolo della Castiglia che domina il paese ed era la squadra del Caudillo durante la dittatura franchista.

In questo paese due tifoserie vedono le partite con il Real Madrid come l’opportunità di esprimere le loro ambizioni di indipendenza. Ci vuole poco per capire che queste squadre sono il Barcellona per la Catalonia e l’Athletic Bilbao per i Baschi. Durante la dittatura questa tifoserie non potevano nemmeno parlare le proprie lingue, ma solo la lingua nazionale, il castigliano di Madrid. Per chi si sia mai chiesto perché l’Athletic ha un nome inglese, il motivo è semplice. Questo era l’unico modo di giocare senza utilizzare una parola spagnola, dunque evitando il divieto franchista della lingua basca.

Con la richiesta sempre piu insistente di questi due gruppi di avere stati indipendenti, il campo di calcio è diventato il teatro delle espressioni sempre più entusiaste delle proprie origini. Ora le partite non solo incitano i giocatori, ma con il ritorno della democrazia i tifosi hanno finalmente l’opportunità di sventolare apertamente le loro bandiere e di mostrare tutto l’orgoglio delle loro origini.

C’è stata una dimostrazione divertente di queste ambizioni nazionalistiche catalane durante Argillà, la manifestazione della ceramica a Faenza in settembre dove quasi tutti gli espositori spagnoli hanno cancellato la parola “Spagna” dalle tende, rimpiazzandola a mano con “Catalunya”.

Ma le tracce più sorprendenti di rivalità storiche si trovano nel paese di nascita del “fair play”, il Regno Unito.

I più importanti derby scozzesi Celtic-Rangers a Glasgow e Hearts-Hibernian a Edinburgo sono partite tra tifoserie cattoliche e protestanti e riflettono le guerre secolari tra l’Inghilterra e la Scozia. Infatti, la rivalità tra le due società di Glasgow sono cosí intense che ci sono stati morti nel passato. Paul Gascoigne, l’ex  giocatore della Lazio si trovò implicato in una controversia dopo aver segnato per il Rangers protestante contro il Celtic cattolico. Gascoigne festeggiò la rete facendo il gesto del pifferaio, un gesto apertamente protestante e di gran significato storico destinato a infuriare i tifosi rivali cattolici. Il giorno dopo fu costretto a chiederne scusa.

Ma queste differenze religiose non esistono solo in Scozia. In Inghilterra il Manchester United e il Liverpool hanno in comune non solo il rosso delle casacche, ma anche la religione cattolica. Invece il blu dei loro rivali cittadini il Manchester City e l’Everton riflette il loro protestantesimo. Queste rivalità sportive di base storica si riflettono in altri paesi, come i francofoni contri i Valloni in Belgio, oppure il sud cattolico della Germania contro il nord Protestante.   

Naturalmente la storia fornisce altre rivalità, come le partite in campo Europeo tra squadre greche e le squadre del paese che ne era il padrone, in tutti i sensi per secoli, la Turchia. Non ci vuole molto poi per capire che partite tra paesi che facevano parte dell’ex Jugoslavia, come le cattoliche Croazia e Slovenia, l’ortodossa Serbia, il Kosovo musulmano siano ad alto rischio di violenza.

Il calcio non è l’unico sport a scaldare le anime dei tifosi e sappiamo che avvenimenti sportivi come le Olimpiadi e i Mondiali di Calcio siano luoghi di orgoglio nazionale, soprattutto in periodi di tensioni internazionali come la Guerra Fredda. Ma il calcio ha un ruolo particolarmente significativo perché è senzo dubbio lo sport più esteso, il piu amato e con maggiore possibilità di dare un palco internazionale per gli attivisti che cercano occasioni per esporre temi scottanti.

Sarebbe bello vedere un mondo dove lo sport, e non solo il calcio, fosse soltanto un divertimento, o un modo sano di passare il tempo, ma sarebbe altrettanto ingenuo pensare che non succederà più, almeno a breve termine.

Però lo sport può fornire il modo di tagliare questi conflitti storici. Abbiamo visto come il famoso “ping pong diplomacy”, illustrato in modo divertente nel film “Forrest Gump”  aprí la porta alla visita del presidente americano Richard Nixon e segnò l’inizio dei rapporti internazionali tra gli U.S.A. e la Cina di Mao Tse-tung.

La prossima volta quando sentiamo di scontri ad una partita di calcio non pensiamo soltanto che siano rivolti solo a fatti svolti sul campo, ma che i tifosi inconsciamente continuano lotte che hanno segnato secoli di storia. Questa realtà non giustifica la violenze dei tifosi, ma potrebbe essere proprio la storia a fornire gli esempi per eliminare la violenza. 








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