 |
01 Dicembre 2014 Le voci perse di Gianni Pezzano
 | | Emigrazione <br>museo Vittoriano, Roma | Venerdí sera sono andato alla presentazione dell’ultimo libro di Aldo Cazzullo "La Guerra dei Nostri Nonni" che ci fornisce testimonianze della Grande Guerra. Non soltanto un bellissimo libro e una serata interessante, ma le recite di brani hanno dimostrato di nuovo e in modo commovente che la Storia non è composta da date e cifre, ma di persone che l’hanno vissuta.
Man, mano che procedeva la serata mi venivano in mente i tanti annunci funebri in Australia dove le famiglie mettevano puntigliosamente vicino al nome del padre, il nonno, o dello zio "Cav. Di VV" e mi sono domandato quanti degli eredi capivano il significato della frase, oppure dei documenti, medaglie e altri ricordi che i nonni hanno lasciato agli eredi.
Poi, ascoltando le parole di dolore mi sono ricordato il libro "L’Onore d’Italia" di Alfio Caruso che racconta la storia della battaglia importante della Seconda Guerra Mondiale a El Alamein in Nord Africa. Una battaglia di particolare importanza per un italo-australiano perché ho sentito troppe volte, come tutti della mia generazione, le domande beffarde dei nostri compagni australiani a scuola che ci prendevano in giro per la presunta vigliaccheria dei soldati italiani. Solo anni dopo seppi che due mei zii e altri amici di famiglia ne fecero parte.
Libri come questi sono importanti e spero che troveranno editori in altri paesi perché è ora che i figli e i discendenti di questi testimoni capiscano finalmente cosa sia successo per costringere i loro padri e nonni a lasciare i loro paesi di nascita per trovare una vita nuova all’estero e cosa avevavo fatto prima di partire.
Ma questi libri sono anche importanti per un altro motivo. Stiamo perdendo le voci del passato, della Storia d’Italia, ed è vitale che l’Italia e le comunità all’estero facciano il più possibile per assicurare che i ricordi, i documenti e le testimonianze che si trovano all’estero siano conservati. Purtroppo in molti casi è già troppo tardi, ma questo non serva da scusa per ritardare ancora un atto dovuto alla memoria di chi diede una parte della vita al paese di nascita, come anche al paese di residenza.
Da questi pensieri era naturale pensare che il centenario della Grande Guerra, come anche l’ottantesimo anniversario della Seconda Guerra Mondiale nel 2019, sarebbe l’occasione perfetta per iniziare a raccogliere questi ricordi.
Con i mezzi moderni, soprattutto internet, insieme alla rete di giornali di lingua italiana in tanti paesi non sarebbe impossibile e nemmeno troppo costoso organizzare di raccogliere queste storie e renderle pubbliche. Sarebbe ancora meglio se tale iniziativa fosse organizzata da un giornale italiano importante, magari quello che ha riportato le storia del paese sulle sue pagine e considerato il più prestigioso dei giornali nazionali, Il Corriere della Sera.
In questo modo potremo spiegare ai figli, nipoti e gli altri discendenti di chi ha lasciato l’Italia il motivo che ha causato l’esodo. Potremo far capire che i loro parenti sono stati l’orgoglio d’Italia e i sacrifici che fecero nella loro vita.
Inoltre, faremo anche ricordare e capire a chi è rimasto in Italia che il paese moderno che vedono ora è frutto anche dei sacrifici degli emigrati in servizio alla Patria prima, come anche lavorando all’estero poi. Troppi oggigiorno si sono scordati che, per decenni dopo la seconda guerra, i soldi che gli emigrati inviavano ai loro parenti in Italia furono tra le prime tre fonti di guadagno del paese e che senza di loro il grande boom economico degli anni 60 sarebbe arrivato molto dopo.
Insegnare la loro storia agli oriundi farebbe capire che hanno tanti motivi d’essere fieri delle loro origini. Se sapessero la loro storia, tanti figli e discendenti di emigrati italiani avrebbero ancora più voglia di imparare la lingua dei loro avi e di andare a vedere i luoghi delle loro origini. L’orgoglio non deve essere solo di una vittoria ai mondiali ogni due o tre decenni, o la vittoria di un’auto rossa con un cavallino rampante, o del successo di uno stilista italiano. L’orgoglio deve essere molto più profondo.
Se a scuola avessi saputo la storia di El Alamain avrei potuto rispondere ai miei compagni di scuola che i soldati italiani erano capaci di grandissimi atti di coraggio e non che il libro più piccolo del mondo era il libro degli eroi italiani di guerra, come ci dicevano a scuola per anni...
L’Italia ha dato molto al mondo e non esiste campo dove un italiano non abbia dato un contributo vitale allo sviluppo dell’Uomo. In arte, letteratura, cinema, ingegneria, diritto, filosofia, esplorazione, e potrei andare avanti per pagine, nomi italiani hanno dato contributi che hanno cambiato la faccia del mondo e la nostra conoscenza dell’universo.
Nell’insegnare cosa hanno fatto i nostri nonni a Vittorio Veneto e a El Alamein, nell’insegnare l’italiano insegniamo chi erano Dante, Michelangelo, Leonardo, Beccaria, Marconi, Fermi, Volta, Montale, Fellini e gli altri nomi capiremo che abbiamo insegnato la Vita al mondo intero. Insegneremo agli inglesi che il loro Chaucer ha imparato da Giovanni Boccaccio, insegneremo ai francesi che le loro regina più grande era un’italiana di nome Caterina De Medici, insegneremo ai tedeschi che i loro grandissimi musicisti utilizzano gli strumenti e il linguaggio creati in Italia.
Abbiamo molto, ma molto di più che ci fa capire non solo da dove veniamo ma di cosa siamo capaci di fare quando necessario. Ma gli esempi del passato da soli non bastano. Dobbiamo continuare a fare, in ogni campo, in ogni paese dove ci troviamo. Il passato non basta se il nostro presente e il nostro futuro non ne sono all’altezza.
Autori come Aldo Cazzullo e Alfio Caruso, come anche gli altri storici e biografi, hanno un ruolo importante a far conoscere il nostro paese a partire da chi abita in Italia. Ma questo non serve a niente se i nostri libri importanti di storia e di biografia rimangono stampati soltanto in italiano ed escono soltanto in Italia.
Non ci stanchiamo di dire che dobbiamo fare di più per far conoscere la nostra lingua all’estero, dobbiamo fare di più per insegnare la nostra storia. Ma dobbiamo fare anche molto di più per assicurare che i contributi di coloro che hanno combattuto per l’Italia e che si trovavano costretti a emigrare siano ricordati e che il loro contributo ai loro due paesi siano riconosciuti e ricordati da tutti, a partire dai loro eredi.
E mentre insegniamo la storia e la lingua italiana all’estero insegniamo alla scuola in Italia la storia dell’emigrazione italiana per fare capire che l’emigrazione è una realtà fondamentale della storia, il presente e il futuro del nostro paese.
|
|
 |
 |
Recensioni 
|