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Cultura - SocietàGianni Pezzano

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11 Novembre 2014
E poi? Riflessioni sugli Stati Generali della Lingua italiana
di Gianni Pezzano


E poi? Riflessioni sugli Stati Generali della Lingua italianaLa conferenza finisce e a chi partecipa rimangono i ricordi, insieme a un documento che cerca di riassumere due giorni di presentazioni, di fatti e di intenzioni. Diamo allora un’occhiata al documento finale degli Stati Generali della Lingua Italiana, tenutosi a Firenze il mese scorso.

Se la lingua italiana è la quarta lingua insegnata al mondo, è grazie agli studenti nuovi che si contano in paesi inaspettati, come la Turchia e la Cina, studenti che hanno deciso di studiarla per motivi legati al commercio, a un interesse personale, oppure per il lavoro che intendono svolgere nel futuro, dove la lingua gioca un ruolo importante, ad esempio la musica e la cucina. Questo non può che far piacere.

Purtroppo in quei due giorni abbiamo sentito poco riguardo al gruppo che avrebbe il maggiore interesse a studiare l’italiano: i figli e i nipoti degli emigrati del Bel Paese.

Il Sotto Segretario Responsabile Mario Giro ha fornito una cifra di 84.500.000 di italiani all’estero, un numero che comprende gli emigrati e i loro discendenti.  Oltre a loro, bisogna poi considerare  un gruppo impressionante di "italici", nelle sue parole "coloro che, anche se non in senso etnico o nazionale, si riconoscono nella nostra cultura e lingua, la sentono". Tuttavia, malgrado questi grandi numeri, gli studenti della lingua non sono che una piccola parte.

Secondo le statistiche fornite (link), gli studenti della lingua italiana nel mondo erano circa 300.000 nel 2013. Anche questa cifra ci dà molto da pensare. Il documento finale elenca i passi da fare nei prossimi anni per cercare di migliorare la qualità degli insegnanti, per far riconoscere qualifiche che finora non sono state riconosciute e per preparare un programma volto alla promozione della lingua italiana. Tutto questo entro i prossimi Stati Generali a Firenze, nel 2016.

Per quel che riguarda gli insegnanti e le qualifiche, i passi indicati sono ragionevoli, anche se alcuni sembrano provvedimenti presi tardivamente. Credevo che un osservatorio della diffusione della lingua sarebbe dovuto essere già istituito da tempo, anche se per pianificare le precedenti politiche linguistiche.

Prendendo in considerazione ciò che il documento propone per aumentare il numero di studenti della lingua italiana tra i discendenti degli emigrati italiani, è mia opinione che quanto previsto non sia né incisivo, né efficace. Si parla di "priorità geografiche", ma l’unica raccomandazione è di identificare "le potenzialità economiche e culturali" nel 2015, allo scopo di "individuare le aree prioritarie per il triennio 2015-2017". Davvero poco, come anche la realizzazione di "una valorizzazione complessiva indipendente della politica linguistica dell’Italia" (sottolineata nel documento originale). Sono iniziative di preparazione, non di realizzazione.

Mi rendo conto che per preparare un programma concreto occorre disporre di informazioni, ma allo stesso tempo mi sembra strano che tra gli Istituti Italiani di Cultura, la Società Dante Alighieri che organizza classi in giro il mondo e gli altri gruppi presenti nei vari continenti non ci siano già cifre e proiezioni sufficienti per la preparazione di un programma valido a breve termine, propedeutico per programmi più vasti a lungo termine.

Oggigiorno ci sono studenti della lingua italiana all’estero che sarebbero disposti a diventare insegnanti di lingua italiana, ma che esitano a fare questo passo perché attualmente esistono poche possibilità di fare carriera. Il documento finale non fornisce dettagli o progetti, che aiuterebbero questi studenti in quella direzione; anzi, la mancanza di progetti concreti potrebbe essere un motivo per loro di rinunciarvi.
Analogamente, il documento ha pochi contenuti relativi riguardo al ruolo dei ministeri della Pubblica istruzione dei paesi di residenza e dei burocrati responsabili di inserire la lingua italiana nel curriculum delle scuole. Per gli studenti, soprattutto per quelli che frequentano gli ultimi anni di scuola superiore, che sono i più impegnativi, l'idea di dover frequentare lezioni fuori orario non è certamente un incentivo perché frequentino corsi sulla lingua dei genitori o dei nonni.

I partecipanti agli Stati Generali erano tutti convinti, giustamente, dell’importanza di insegnare la lingua italiana all’estero. Tuttavia la presenza delle autorità straniere alla prossima conferenza deve essere una priorità assoluta. Assicurare l’appoggio di questi ministeri renderebbe più facile ed efficace la programmazione di classi, ed incoraggerebbe un maggior numero di studenti a intraprendere una carriera nell'insegnamento della lingua italiana - carriera che, al giorno d’oggi, è ancora difficile da realizzare.

Naturalmente la politica italiana ha un ruolo chiave per quanto riguarda la promozione. I fondi necessari non sono pochi, considerando questo difficile periodo economico, e purtroppo le spese per i progetti all’estero sono sempre i primi e i più facili da ridurre o eliminare. I politici responsabili dell’insegnamento della lingua hanno però il dovere di resistere: i soldi rivolti a questo scopo non sono un costo per il  paese, ma un investimento. A lungo termine, questo denaro tornerà e con grande profitto, basti pensare alla possibile vendita di libri, film e musica. Il ritorno più grande sarebbe tuttavia nel settore del turismo, perché si risveglierebbe sicuramente il desiderio di visitare il paese che ha visto nascere la lingua e che ha creato tante meraviglie.

Inoltre, nel documento non viene fatta menzione del ruolo delle comunità estere e della stampa di lingua italiana nel mondo. Questi due gruppi avrebbero tutto da guadagnare nel vedere un aumento degli italofoni, sia per mantenere contatti sempre più stretti con la madre patria, sia per motivi di sopravvivenza della stampa, che si trova sempre più in crisi visto il drastico calo di lettori in lingua italiana, come dimostrano le cifre di vendite dei loro giornali.

Una politica dell'istruzione deve essere sempre legata a un programma di promozione della cultura italiana in generale. Sappiamo tutti che la lingua è cultura, ma dobbiamo dimostrare i vantaggi concreti di conoscere bene la lingua italiana, sia perché si aprirebbero le porte ad autori e film poco conosciuti all’estero, sia perché verrebbe data la possibilità agli italofoni di superare i confini dei loro paesi verso un mercato internazionale più grande.

In conclusione, dobbiamo tenere sempre in mente un fatto fondamentale: la lingua italiana, insieme alle sue opere scritte, cinematografiche, musicali e artistiche, è quel che ci definisce come italiani. Se permettiamo che la lingua sparisca proprio tra i figli e i nipoti degli emigrati italiani, allora facciamo un’ingiustizia agli oriundi. Peggio ancora, facciamo un’ingiustizia alla lingua italiana e a noi stessi come popolo.






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