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28 Dicembre 2013 Confini incerti, di Agi Berta di Alice de Carli Enrico
È una meraviglia quando la storia non ti viene raccontata per imprese vittoriose e scelte tattiche, ma attraverso la vita umana, i pensieri e i destini di persone vere che alla storia stessa hanno partecipato. Così Agi Berta, ribattezzata "l’ungherese di Napoli" da Sergio Lambiase sul Corriere del Mezzogiorno, nel suo Confini incerti (edizioni Uroboros) ci racconta della sua famiglia, intrecciando la narrazione alle importanti vicende che hanno cambiato profondamente il volto del suo paese, l’Ungheria, dal 1848 al 1952.
Ci si ritrova tra le mani un libro non solo scritto con uno stile impeccabile, ma pieno di umorismo e aneddoti, ricordi e documenti che tradizionalmente sfuggono al retaggio degli anni, così come di dolorose memorie. Soprattutto, è un libro pieno d’amore, in tutti i modi attraverso cui questo può manifestarsi: tanto l’amore tra amici, genitori e figli, fratelli e amanti, quanto quello per una causa o un ideale; tanto l’amore romantico fatto di speranza e sogni quanto quello di una madre che deve allontanare da sé il proprio figlio per salvare il resto della famiglia da possibili e pericolosi sospetti in una situazione politica difficile.
Non ci vuole molto per rendersi conto che la realtà storica in cui viviamo – o che per lo meno abbiamo vissuto negli ultimi decenni – è di fatto un privilegio dei tempi: guerre e miseria sono ben lungi dall’essere realtà estinte, anche se giochiamo a ricordarcene giusto per la durata di un telegiornale. Di fatto la situazione anomala è forse quella pacifica e improntata sullo stato di diritto che da quasi un secolo si sta cercando di affermare con sempre maggior decisione ma con altrettanta disillusione, prima con i falliti tentativi della Società delle nazioni, poi con la nascita di realtà dimostratesi ben più durature ma, ahimè, in qualche modo ancora traballanti, come l’Unione europea. Ecco che allora il romanzo di Agi Berta ci accompagna alla riscoperta di quell’incertezza della vita (e non solo dei confini geografici) che ci hanno insegnato a ignorare e scansare, forti dell’idea – piuttosto anacronistica e infantile – che il futuro non possa essere portatore se non di progresso e sviluppo, benessere e fortuna. La realtà è che l’unica cosa veramente certa, nella vita, è il cambiamento.
La realtà e il realismo diventano allora gli aspetti più affascinanti del suo scrivere, perché non si può fare a meno di provare, a poco a poco, una profonda empatia con la verità che ciascuno dei suoi personaggi si porta dentro.
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