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13 Febbraio 2013 Dov'è finito il Festival di Sanremo? di Alex Carrera
Ieri sera, tornando a casa dalla festa di compleanno di mio figlio, mi sono posizionato davanti alla televisione e ho iniziato a fare zapping tra la partita della GIUVE (scusate ma, essendo granata, non riesco purtroppo a chiamarla con nome appropriato), la ormai consueta tribuna politica su Rai 2 e il tragicomico Festival di Sanremo su Rai 1.
Premesso che per me il guardare una cosa come il Festival di Sanremo dà la stessa gioia di un calcio agli zebedei con le scarpette bullonate, debbo purtroppo (fa parte del mio lavoro) tenermi aggiornato sui fenomeni legati al mondo dello spettacolo, e Sanremo, che ormai ha veramente poco da offrire in termini musicali, è comunque un eccezionale fenomeno di costume. Dopo avere avuto modo di vedere che la GIUVE sta vincendo per 1-0 contro i cattolici del Celtic, "zappo" su Rai 1 e trovo un imbarazzante Daniele Silvestri, rizappo su Rai 2 e mi compare Ferrando che, con modi garbati, illustra il suo programma ai soliti soloni della critica, rigiro e la GIUVE sta sempre vincendo (eh no, qui la serata si mette proprio male). Decido di fermarmi su Rai 1 e continuo a vedere presunti BIG della canzone ("Ma chi ha deciso di affibbiare questo termine a questi signor nessuno?"), che probabilmente non venderebbero i loro CD nemmeno se li abbinassero ai punti spesa, fino a quando non arriva il pur bravo Crozza con relativo spot elettorale (giustamente criticato). Ritorno su Rai 2, ma Ferrando non dà tregua e, di nuovo sulla GIUVE, mi rendo conto che ormai c’è poco da fare per il Celtic, visto il punteggio a pochi minuti della fine. Non mi resta che tentare di vedere Sanremo….
Con tutte le mie forze nell’ordine faccio: 1) Bevuta fantozziana di birra ghiacciata con relativo rutto libero 2) Grattamento dello scroto con ricerca della posizione ottimale sul divano 3) Allungamento su pouf antistante il divano
A questo punto sono veramente pronto per la missione, mi sento come Rambo in Vietnam e continuo a guardare questa enorme macchina mediatica sfornare imperterrita i suoi sottoprodotti musicali con sprezzo del pericolo, fino a che arriva lui, il Totò Nazionale (come lo ha presentato l’Angelo del calcio italiano, quell’Ogbonna che un po’ di luce ha portato nel grigio della serata, perlomeno a un cuore granata come il mio). Dopo i soliti convenevoli di rito Toto attacca la sua strapopolare "L’italiano" con il coro dell’Armata Rossa in divisa, che successivamente si presta a giocare e a farsi prendere in giro da Fazio e dalla Littizzetto. Facendo i dovuti paragoni è un po’ come se Hannibal Lecter si prestasse a leggere Topolino ai bimbi dell’asilo: inguardabile!
Tuttavia, la cosa più sorprendente è che questa esibizione è talmente assurda e controproducente che rappresenta la sublimazione dell’incapacità del nostro Paese di andare oltre alle logiche dell’opportunismo. Toto Cutugno è uno dei pochi cantanti Italiani conosciuti nei Paesi dell’Est, così come Al Bano, i Ricchi e Poveri, Pupo, Riccardo Fogli, ecc. Per intenderci, in questi Paesi credono che Vasco Rossi sia forse il cugino di Valentino il motociclista, e questo la dice lunga sui loro gusti musicali (mia moglie è russa e conosco bene la materia). Dovete sapere che alcuni anni or sono un discografico aveva cercato di portare a Sanremo un progetto assolutamente vincente per la promozione della melodia italiana. Aveva infatti invitato a cantare in coppia con una concorrente nella categoria "nuove proposte" un tenore molto popolare in Russia, Nicholay Baskov (per capire il livello di popolarità, è paragonabile al nostro Andrea Bocelli).Ovviamente questo avrebbe permesso di promuovere la musica italiana in Russia in maniera estremamente più efficace di quello che comunque ha fatto nel suo piccolo Toto Cutugno. Purtroppo però questo discografico non aveva evidentemente gli agganci giusti e, a uno straordinario tenore accompagnato da una straordinaria cantante con uno straordinario pezzo all’interno di uno straordinario progetto, era stato preferito il solito raccomandato di turno. Il vero problema non è però l’avere concesso a Toto questa platea all’altro interprete negata, anzi: Toto con l’Armata Rossa (anche se in versione Mr. Bean) avrebbe potuto essere un’importante risorsa per cercare di rivitalizzare un settore in agonia come la discografia aprendo un mercato nuovo. Il fatto è che probabilmente nessuno dei partecipanti a Sanremo rappresenta ciò che ama il popolo russo. Stiamo parlando di un popolo che mette nei pelmeni in brodo (che sono un po’ l’equivalente dei nostri ravioli) la panna acida invece del parmigiano: come puoi pretendere che ascoltino e amino Marta sui Tubi o Daniele Silvestri (con tutto il rispetto necessario per questi artisti)? Abbiamo servito loro un borsch (zuppa russa di verdure e carne) con tanti ingredienti, dove i russi al tavolo della visione televisiva scaveranno col cucchiaio togliendo gli ingredienti che non piacciono e cercando di ottenere un gusto accettabile da quanto rimane all’interno dello stesso (un po’ come facciamo noi col minestrone quando ha i pezzi troppo grossi o un qualcosa che non amiamo e lo scartiamo dal piatto ). In questo modo quello che rimane è un minestrone insulso che certamente il cliente russo non vorrà ordinare di nuovo. Non è assurdo? Ma se si desidera promuovere un prodotto a un mercato nuovo occorre offrire qualcosa di appetibile e saporito, non certo continuare a confezionare un Festival legato alle solite logiche clientelari di sempre che non porterà nulla se non qualche scandalo simile alla farfallina di Belen. Qualcuno si ricorda forse i pezzi suonati lo scorso anno al Festival? Dov’è il prodotto? Dov’è il progetto? Dov’è finito il Festival osannato un tempo seguito in tutto il mondo? Soprattutto: dove sta andando l’Italia?
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