 | | Stefano Sarcinelli |
“Se metti in scena i tuoi sentimenti… vali “. Diceva il grande Zero, la sua descrizione dei “Commedianti”, mestieranti, teatranti, è una pennellata sul cuore. È verità. Quanto è difficile essere ogni sera uno, nessuno, centomila, metterci l’anima ogni volta, ogni volta essere fuori, dentro, davanti, una spalla, un primo attore, una comparsa timida che non emerge, una prova da superare ogni volta. Un costume, una maschera e la paura di entrare ogni volta in scena e nel cuore di chi è di fronte. Chi è di fronte vuole te, quello che ogni sera, ogni volta gli darai, il pubblico vuole il massimo, sempre. Vuole dimenticare sé stesso attraverso l’attore, non sa sempre perdonare, non sempre capire l’uomo dietro i suoi abiti di scena. Sentire gli occhi su di sé, dimenticare chi sei, ciò che eri prima che si accendesse la luce. Quell'attimo di magia che si apre quando si schiude il sipario.
Un uomo, il suo ruolo, la sua onestà, la sua sincerità, questo il racconto di un attore che mette l’anima in ciò che fa, che crede in ciò che fa, con una grande passione da raccontare. Risponde pazientemente alle mie domande, trasmettendo l’incantesimo dello spettacolo, uno che il mestiere lo conosce bene, conosce le gioie, la fatica. In scena da quando aveva 17 anni. Attore, autore, regista. E ogni volta una bella vittoria. "Blues metropolitano" di S. Piscitelli, "Kamikmen" di Gabriele Salvatores, “L’uomo d’acqua dolce” di Antonio Albanese "I Cammelli” di G. Bertolucci “Una donna per la vita” di Maurizio Casagrande, solo alcuni dei titoli del grande schermo, affiancati dai successi firmati a teatro, dagli esordi con Nello Mascia, Mariano Rigillo, ai successi con Vincenzo Salemme, come attore, come autore insieme al collega e amico Francesco Paolantoni “Fame…saranno nessuno” uno dei tanti titoli, regista dello spettacolo di e con Giobbe Covatta “Parabole iperboli” eclettico e appassionato, anche alla radio raccoglie bellissimi frutti, oggi l’originale “Italiani In Continenti” con i colleghi Marco Marzocca e Francesco Vercillo, nel 1994 “A tutti coloro” (Radio Kiss Kiss) scritto e condotto insieme ancora all’amico Francesco Paolantoni e la compagnia teatrale con la quale conquistavano il pubblico, vinceva il Telegatto come migliore varietà.
Mentre il piccolo schermo si riempie di programmi cult dal debutto con “L’Araba Fenice” (Antonio Ricci) a “Macao “in cui è autore con la regia di Gianni Boncompagni a “Scirocco” condotto da Enrico Lucci a “Made in Sud” e il curriculum sarebbe troppo lungo da elencare tutto. Stefano Sarcinelli si racconta, e noi cerchiamo di conoscere qualcosa di più di quello che mostra al pubblico…chi è di scena…
Allora: Stefano lei è poliedrico, multisfaccettato, chi è veramente? L’attore di teatro, l’autore che sa stare dietro le quinte?
Sinceramente non lo so. La mia esperienza personale è sempre stata guidata da una grande curiosità. Ho seguito sempre l’istinto e non sempre ho fatto bene. Mi affascina tutto il mondo della comunicazione e dei media. In particolare il teatro per la sua capacità di rapportarsi con un pubblico vero, reale, in carne ed ossa ed aggiungo con cuore ed anima, con il quale condividere un’esperienza unica. Sempre uguale ma sempre diversa.
Come nasce Stefano, l’uomo e l’attore? Si ricorda il debutto?
L’uomo non lo saprei dire e nemmeno l’attore. L’essere umano (io) nasce a Bari non pochi anni fa per essere poi “adottato” da Napoli. Penso che un uomo sia un po’ come un castello di sabbia in perenne costruzione. Mi spiego: ci si forma in continuazione. Le esperienze, le letture, le conoscenze, gli errori, la musica, l’amore, formano un uomo e lo modellano durante tutta la sua esistenza; si corre anche il rischio che una mareggiata improvvisa disfi tutto il lavoro, ma poi si ricomincia e la vita ti dà altre opportunità, altra sabbia con la quale ricostruire, che sempre sabbia resta e che sarà destinata a non essere in eterno. Ma questa è la vita. L’attore è una condizione cui aspiro e alla quale non sento ancora di esservi arrivato. Il teatro, inteso come arte della comunicazione, è un sistema magmatico al quale parteciparvi con tutto sé stesso che non si relega solo allo spettacolo in quanto tale ma è molto più complesso e difficile e non credo ancora di farne parte seppure abbia avuto varie esperienze.
Oggi si confonde l’attore con l’egocentrico o con il famoso. Credo sia altro e che abbia a che fare più con il silenzio che con il clamore gossipparo. Per rispondere per intero alla domanda il mio debutto come “professionista” fu con Nello Mascia ne “La Gondola Fantasma” di Gianni Rodari nella stagione 1977-78
Mi faccia una confessione, tanta televisione e cinema, il primo amore è ancora il teatro?
Sì. È così. Il teatro è alla base della mia esperienza e traduco tutto quello che faccio con gli occhi del teatro, anche la televisione. Io ho avuto la fortuna di avere molti maestri di teatro, dai quali ho rubato a piene mani: Nello Mascia, Mariano Rigillo, Franco Parenti, Coco Leonardi… insomma tutti mi hanno trasmesso qualcosa che ho cercato di afferrare e di mantenere. Ho avuto anche moltissime esperienze negative. Credo infatti che il teatro ti insegni soprattutto che questo è un mestiere difficilissimo, che non è per tutti e che nessuno ti ha ordinato di farlo, quindi devi essere in grado di affrontarlo per quello che è, che quasi sempre differisce da come pensi che sia. Questo è un lavoro fatto soprattutto di “No, non va bene.” Bisogna prenderne atto.
Molti suoi colleghi approdano dal palcoscenico alla tv, molte commedie le ritroviamo adattate, cosa regala il cinema secondo lei, oltre la palese notorietà in più?
Io penso che non ci si debba stupire se un attore alterni nella propria carriera teatro, cinema e tv, lo trovo normale, così come lo è negli altri paesi. In Italia ci sono troppi compartimenti stagni tra un ambiente di lavoro e l’altro. Bisogna mischiarsi ed incontrarsi su più terreni. Solo così il nostro cinema, il nostro teatro, la nostra televisione può diventare competitiva e crescere. Negli anni sessanta e settanta gli attori facevano teatro, cinema e tv senza nessun problema: Gassman, Fabrizi, Tognazzi, e tanti altri. Non lo dimentichiamo.
Cosa vuol dire essere attore oggi? Quanta precarietà c’è in questi tempi difficili in ogni settore?
Credo sia sotto gli occhi di tutti. Credo anche si debba fare lo sforzo di reinventarsi totalmente. Non possiamo più pensare di vivere come si era abituati prima. La crescita non può essere sempre un accumulo infinito. Dobbiamo fermarci e condividere. Cambiare mentalità anche nel teatro. Le produzioni, gli attori e i tecnici, tutti dobbiamo avere la consapevolezza che la qualità del nostro mestiere fa la differenza e non la quantità dei cachet. Dobbiamo riavvicinarci e riavvicinare il pubblico con una nuova mentalità che tenga presente più il “noi” che “l’io”.
Qual è la veste nella quale si sente più a suo agio? Penso alla spontaneità che trapela quando lavora con il collega Marzocca. Ma dica la verità quanto c’è di divertimento non costruito, spontaneo?
Ho la fortuna (anzi fortunissima!) di fare un mestiere meraviglioso quindi francamente mi diverto moltissimo a farlo in ogni ‘veste’. Con molti amici ci ho anche lavorato quindi il divertimento si raddoppiava: Francesco Paolantoni, Vincenzo Salemme, Maurizio Casagrande, Max Tortora, Marco Marzocca, Gigi Savoia, Giobbe Covatta, Enzo Iacchetti, sono stati e sono per me, amici carissimi e artisti eccellenti e ogni volta che abbiamo l’occasione di lavorare insieme, è gioia vera.
Le rubo una battuta "oltre la quarta parete l’attore"…?
La famosa quarta parete esiste davvero. È utilissima a creare l’atmosfera giusta, la temperatura di uno spettacolo spesso non può non tenerla in seria considerazione. Fa da schermo e da complice nella costruzione del personaggio e serve anche al pubblico che per convenzione osserva attraverso di essa. Allo stesso tempo chi recita sa che potrebbe infrangerla in qualsiasi momento, a suo rischio e pericolo, però!
È vero che un attore comico in realtà è più triste di quanto appaia?
Penso che un attore comico sia una persona molto seria, che non significa triste, anzi. Ho letto da poco una bellissima intervista che Totò fece con Oriana Fallaci e racconta tra le altre cose proprio questo, quindi se lo dice il Principe…
C’è un obiettivo che non ha ancora raggiunto, che le sta a cuore?
Ho sempre un obbiettivo da raggiungere anche perché non credo di avere raggiunto proprio nulla. Mi sta a cuore la mia personale vicenda umana come è giusto che sia: i miei figli e il loro futuro, il rapporto con il prossimo e con me stesso, se ciò che faccio ha senso oppure no, cosa siamo e cosa diventeremo… robetta insomma…
E un attore che l’ha ispirata? Le posso chiedere se tra i maestri del teatro ne ricorda qualcuno con maggiore affetto?
Mi hanno ispirato tanti attori e dei maestri ne ho parlato prima. La scuola napoletana è stata fondamentale: De Filippo, Totò in primis e poi mi ha conquistato il varietà italiano: Chiari, Vianello, Tognazzi, Fabrizi, Agus, Villaggio e tanti altri… Sono molto legato a tutti i miei maestri.
Cosa consiglierebbe a chi volesse intraprendere la strada del teatro?
Entusiasmo, curiosità, allargate gli orizzonti e partite! Partite in continuazione verso mille viaggi fisici e spirituali. Fate girare la vostra testa e riempite i vostri occhi, le vostre orecchie di tutta la vita che vi circonda. Sarà quella la vostra benzina e non state a sentire noi vecchi che vi diciamo che questo mestiere non si può fare più, perché voi invece, ce la farete! Sicuro!
Ci sono buone scuole, buoni maestri?
Ci sono ottime scuole. Bisogna saperla scegliere e non sempre sceglierla in Italia. Il futuro è sempre più aperto all'estero e quindi studiare a Parigi, Londra, New York aiuta a sapersi inserire meglio nelle nuove opportunità. L’Italia resta però un paese dove l’arte del Teatro ha talenti immensi dai quali imparare. Il piccolo di Milano, l’Accademia di Roma, La nuova scuola di Luca De Filippo sono certo siano eccellenti luoghi dove formarsi. Chiedo scusa se ne dimentico altre…
Ci dice qualcosa dei suoi (vostri) italiani In Continenti?
È un programma radiofonico che andrà avanti fino a metà settembre condotta da tre conduttori sparsi per il mondo: io a Roma, Marco Marzocca a Orlando e Ciccio Vercillo a Buenos Aires. Vogliamo raccontare divertendoci e divertendo, le storie degli italiani all'estero. Sono circa 80 milioni i nostri connazionali… immagina quante storie!
Prossimi impegni? Cosa farà domani?
Finisco il programma radio a metà settembre. Nel frattempo parte una nuova avventura per RAI 2 con un programma condotto da Amadeus e registrato negli studi della RAI di Napoli. Andrà in prima serata da settembre e… speriamo bene! Poi la stagione prossima mi auguro di essere impegnato col teatro!
Un po’ di magia, una finestra sul mestiere più incredibile del mondo, dove l’incantesimo è crederci ogni volta, una sera dopo l’altra, verità e inganno. Che meraviglia.
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