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20 Giugno 2015
Donne in noir. La conclusione affidata a Rosa Teruzzi, buio e luce, realtà e fantasia
di Stefania Castella



Donne in noir. La conclusione affidata a Rosa Teruzzi, buio e luce, realtà e fantasia
Marta Perego
e Rosa Teruzzi

Lo sguardo, tutto passa attraverso lo sguardo. Il bene, l’affetto, la rabbia, il male, la luce, l’oscurità. 

 

Per lo sguardo, per la mente, per il corpo. In questo percorso, ci siamo chiesti più volte perché il nero ci attirasse così prepotentemente, in queste serate abbiamo ascoltato, e conosciuto storie diverse e forse immaginato in comune un legame su tutto e una parvenza di risposta: raggiungere la luce senza attraversare il buio sarebbe impossibile. Al termine di questo cammino intensissimo che ci ha mostrato ancora meglio, sfumature celate dietro la parola scritta. “Donne in Noir” cinque sere, di cinque scrittrici, cinque donne diverse, fiori d’acciaio tenuti insieme e mostrati da una donna, come noi, come loro, che ha rivelato quanto sia possibile sfatare il mito che la dote che meno ci appartiene, sia quella di fare squadra.

 

Marta Perego e la sua equipe di donne ha funzionato, colto, sospeso e sorpreso, tenendoci in attesa di conoscere ogni volta una nuova voce e un nuovo capitolo, squarcio oltre il quale c’era il comune tema, quel “noir”, declinato al femminile, ogni volta arricchito da nuove sfumature.

 

Barbara Baraldi ci ha stregati con le atmosfere dark e gotiche della sua Bologna svelata e misteriosa,

 

Elisabetta Bucciarelli tra nero e giallo, attualità e passione, dovere di scrittore con la voglia di regalare al lettore l’impegno, con il senso più profondo tra le pieghe delle pagine.

 

Lorenza Ghinelli, nero di nenie infantili, inquietudine di certe fanciullezze distorte, negate, gettate via come fogli dispersi nel vento, vite di carta straccia.

 

Sara Bilotti, il nero che incontra le sfumature dei sensi, nero, accostato all'eros, forza distruttrice di bellezza e passione.

 

Nell'ultima sera, una nuova protagonista, un nuovo percorso. Un capitolo diverso, di diverso approccio. Qui, il nero ha una differente appartenenza o forse per meglio dire una diversa partenza. Appartiene alla vita, quasi ad una sorta di quotidianità. Ci fa riflettere a lungo sul difficile mestiere di accostarsi al dolore altrui, con quella capacità di tenersi, per non lasciarsi trascinare via.

 

Rosa Teruzzi, giornalista, il suo campo, quello minato e durissimo della cronaca. Il suo lavoro per “La Notte” “Epoca” il suo volto televisivo conosciuto attraverso “Verissimo”, oggi caporedattore di Quarto Grado, quel nero probabilmente lo ha tatuato sotto la pelle. Possiamo appena immaginare cosa voglia dire portare il peso di certe storie.

 

Rosa Teruzzi si racconta, ricorda le storie che l’hanno colpita, riporta alla memoria quei volti incorniciati di boccoli biondi, quei visi di bambola delle gemelline Shepp, difficili da dimenticare, ingoiate nel buco nero di chissà quale latitudine, perdute oltre che in luogo fisico, in quel labirinto mentale doloroso disturbante di papà che arrabbiato con la mamma, le porta via facendole, con fiducia di padre, scivolare da quelle materne braccia alle sue, mortalmente, disperatamente, lui che avrebbe dovuto amarle e proteggerle, e amare e proteggere la donna sposata, alla quale infliggeva il dolore più impossibile da affrontare, l’ignoto nel quale disperdere il ricordo di quegli angeli. Gocce d’acqua asciugatesi al sole. Nessuno ne ha più saputo nulla.

 

Nero, reale, dolore puro. Trame di film che nessuno sceneggiatore saprebbe partorire. Questo capitolo noir è una lama affilata nel cuore, di mostri vicini, parenti, fratelli, e padri e madri, persone “normali”. Racconto di chi per mestiere vi cammina a fianco riempiendosi di enormi fardelli, senza poter schiacciare mai il tasto di end.

 

Storie attaccate addosso, e trame contorte da sciogliere, difficili da cancellare dalla memoria e Rosa racconta dei primi tempi e storie terribili da affrontare come quella della “madre, che vendeva la figlia ad un pedofilo”, brutture di vita reale. Chi fa questo mestiere deve utilizzare strumenti di chirurgica precisione, lavorare minuziosamente, rigorosamente. Attenersi ai fatti. Quando vorresti urlare e tirare fuori da certi volti assassini tutta la brutalità di un nulla che a volte dopo un fatto efferato, cogli in certi sguardi. Non puoi, resti immobile, devi raccontare, e scivolare al fianco di chi poi tornerà a casa nel proprio mondo di pezzi mancanti. Forse anche per questo, nasce il bisogno del distacco.

 

Nasce il romanzo, emerge la voglia di creare, di decidere, nascono tre romanzi e “Irene” giornalista di nera per il piccolo quotidiano locale “La Città”. Tre romanzi “Nulla per caso” (Sperling & Kupfer) “Il Segreto del Giardiniere” “Il Prezzo della Bellezza” (entrambi Rusconi). Una giovane indomita protagonista, solitaria, con una vita sentimentale sgangherata, innamorata del suo mestiere e soprattutto con un dono, quella “cosa” che le permette di “sentire” il dolore degli altri, di vedere oltre gli scenari, di arrivare dove gli altri non saprebbero mai. Potrebbe chiamarsi Catarsi potrebbe essere una camera di decompressione, il bisogno di evasione che porta dalla cronaca cruda, alla cronaca immaginata e investita di leggerezza anche “quella che forse non ho” ci racconta l’autrice.

 

Racconta Milano, non solo quadrilatero perfetto e luccicante di aperitivi, ma angoli da scrutare, tutti e raccontarne la polvere umana e bellissima della periferia, parte più vera di tutto. Noir e non solo, sfumature di vita, di sentimenti contrastanti, empatia. Bella e brutta malattia. Sguardo malinconico quello di Rosa, profondo, romantico, bellezza dall’aria di innocenza quasi infantile, rinascimentale. Quanta dura corazza si deve costruire per sopportare le brutture quotidiane, lo immaginiamo. Rosa, vola, scivola, scrive, immagina, ama “I romanzi seriali dove i protagonisti diventano quasi amici”, e infatti Irene serialmente ritorna a legare fantasia e immaginazione con piccole parti di realtà.

 

In questi scorci di cronache quasi sempre affidati agli uomini, poche le donne, racconta, come poche quelle che sanno fare squadra, e questa per lei la parte più oscura. Quella forza che è nodo di anime, che diventa cattiveria quando invidiamo le doti altrui, di altre donne, di cui vediamo tutto, quel tutto che spesso non sappiamo riconoscere in noi. Buio nella mente che genera mostri. Sincera Rosa, non assolve per difendere ruoli, si può essere buoni e cattivi allo stesso modo, uomini e donne e allo stesso modo, celare, tenere o lasciare andare quel lato oscuro che esiste in ognuno.

 

Nell'ultima sera, come in tutte le altre sere, la squadra c’è stata, compatta, vincente, di stesso passo. “Donne in noir” la dimostrazione che si può insieme raccontarsi, confidarsi, fidarsi e abbattere insieme il muro che impedisce la strada della luce. Ci mancheranno, c’è da giurarlo, queste scrittrici appassionate, sinceramente speriamo di rivederle presto, per percorrere insieme altri percorsi di buio, di luce, di immaginario, di vita.








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