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Cultura - Cinema e spettacoloStefania Castella

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04 Aprile 2015
Gabriella Ferri struggente, malinconica, cuore di Roma e del mondo
di Stefania Castella



Gabriella Ferri struggente, malinconica, cuore di Roma e del mondo
Gabriella Ferri

“Com'era, era spontanea? La rifacciamo?” e so’ un po’ stanca mi sembra che non viene mai bene, ma la rifaccio, la riprovo e ogni volta mi pare di morì davvero. “Amore, amore, amore, amore mio, in braccio a te me scordo ogni dolore, famme restà co te, sinnò me moro…” Chissà se va bene, quando penso che forse la gente vuole sentì un’altra me, quella che urla che strazia la voce, quella che fa la macchietta, la gente vuole ridere. Ti ricordi papà quando mi cantavi le tue rime? quegli stornelli, ci credevi che avrei vinto io sul Re de Roma? manco lui ce poteva credere. Papà, ho visto la finestra e il vuoto sotto, ho pensato che te ne sei andato, e che ci faccio io qui da sola? Perché non mi hai portato con te?

 

Vai Luisè, vai che andiamo e se non ti alzi io vado da sola. Ti ricordi, dicevo che volevo scrivere, mica pensavo io che avremmo cantato se non era per quel disco, quella canzonaccia quella “Società dei magnaccioni” dopo di quella forse mi sarà venuto in mente di volè cantà. Luisa ti ricordi quanto ci siamo divertite, ci chiamavano “Le romanine” facevamo le comparse, e ti ricordi quel ragazzo come se chiamava, Lorenzo quello che veniva da Foggia? Quando l’abbiamo conosciuto così spaesato, m’ha fatto una faccia strana gli ho detto: “Annamo a ballà alla Taverna Margutta” e insieme a noi ha girato tutta Roma. TI ricordi Luisè come profumava Roma, e quant'era bella di notte quando te sembrava d’essere solo nel mondo, quando sembra tutta tua senza il via vai della gente, la senti adesso Luisè? E casa di Camilla? E tutti quei salotti, quella gente importante, a me certe volte, me sembra che non sento niente. Un altro po’ di nero che sennò mi sembra di non averce gli occhi. Si incazzeranno ancora, volevano sentirmi stornellà e io gli ho cantato “Malagueña”.

 

Mi hanno chiamato Mamma Roma, come Annarella, pure lei cantava quegli stornelli. “Fiore de sale l’amore fa penare, ma nun se more…” e sembra che questa città c’ha sempre bisogno di una madre di un padre come me, glielo chiederei come fanno i figli con le loro madri “ma tu, me vuoi bene veramente?”. Quasi pesa tutto adesso, ma forse è solo il ricordo. Tutte quelle persone, tutte quelle facce e l’America che se mi avessero detto che dal Testaccio sarei arrivata in America gli avrei riso in faccia. Io ero speciale pure prima, tutti quelli che nascono a Testaccio so’ speciali. A me poi non mi andava di stare ferma, e pure in Africa quanto mi mancava tutto, si amore mio, ti amo ma torniamo, torniamo a casa, che a sentire la Vanoni mi viene ancora voglia di cantare. E stammi vicino che mi manca l’aria. E quest’aria pesa. E non voglio guardare sotto un’altra volta.

 

Gabriella Ferri, voce di Roma, voce della borgata, voce che voleva cantare tutto l’amore, il dolore, e vivere per le strade tra la gente, artista nelle vene, artista nel termine massimo dell’espressione, gigante, enorme, esplosiva con quella forza che lede, che straccia. Irrequieta, feroce. Che distrugge soprattutto se stessa. Nessuno si salva da solo, eppure talvolta nessuno potrebbe salvarti comunque da te stesso. Che gioco strano la vita, con la sua voce profonda Gabriella cantava “Grazie alla vita” brano della cilena Violeta Parra morta suicida dopo averlo scritto. E moriva Gabriella, il tre aprile del 2004, mentre veniva trasportata in elicottero al San Camillo, il suo volo da una finestra senza ragioni né ali da spiegare, senza lasciar capire. Troppe le ferite, quelle del corpo forse ancora di più quelle dell’anima che neppure l’immonda quantità di pillole avrebbe potuto guarire.

 

Gabriella lasciava orfana Roma, la sua città, le persone vicine che l’avevano amata sopra tutto, e il mondo della canzone che ancora oggi la ricorda con affetto e ammirazione, dolcissima voce, roca profonda di cuore e di anima. Cantava e ancora oggi nella nostra mente risuona la sua voce…

 

“Remedios, piccola cara, ragazzina, bella, dolce splendida piccola rimasta così, seduta in riva al mare e le mani piene di perle, il sole in fronte e il sorriso bianca orchidea, anima e colomba e l’allegria, tu canti la consolazione canti la speranza, tu canti Remedios spera che un giorno potrò dirti: "ti voglio bene piccola, ragazzina, bella, dolce, Piccola, piccola, piccola..."








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