Rss di IlGiornaleWebScrivi a IlGiornaleWebFai di IlGiornaleWeb la tua home page
Mercoledì 12 novembre 2025    redazione   newsletter   login
CERCA   In IlGiornaleWeb    In Google
IlGiornaleWeb

Cultura - TeatroGessica Franco Carlevero

CONDIVIDImyspacegooglediggtwitterdelicious invia ad un amicoversione per la stampa

06 Maggio 2010
L'Avaro
di Gessica Franco Carlevero


L'AvaroL'Avaro del Teatro delle Albe è lucido, inquietante, spietato. Arpagone è Signore autoritario, incontrastato e assoluto, tanto forte quanto apparentemente fragile. Tale personaggio infatti, grave e imponente, prende vita nell'esile e minuto corpo di Ermanna Montanari. In questo spettacolo scompare magistralmente ogni parvenza di grazia e armonia, e al contrario Arpagone risulta secco, legnoso.
La ferocia dell'avaro, la sua assoluta insensibilità nei confronti di tutto, fuorché del proprio denaro, appare straordinariamente inquietante, proprio perché racchiusa in una figura tanto minuta. Come se l'avarizia negli anni avesse corroso il vecchio, l'avesse scavato fino alle viscere, fino a prosciugare la sua voce.
Le parole di Arpagone risuonano roche e gravi. Un microfono amplifica le sue frasi che echeggiano nel buio o sovrastano gli altri, e il microfono diventa strumento di potere che lo rende dominatore su tutto.
Il vecchio avaro si distingue così dagli altri personaggi, i figli e la servitù, uniformi e simili tra loro. Un carillon in cui all'unisono e sincronicamente figurano una serie di valletti, serve, giovani fanciulle e cinici ereditieri appiattiti e livellati fino a rassomigliare, per i toni e i costumi, alla carta da parati della villa.
Popolata da personaggi di cartone e opportunisti, la casa dell'avaro appare sinistra, circondata dalla notte buia, su cui aleggia il fantasma del denaro sepolto in giardino e sul quale sovrasta lo spettro scuro di Arpagone.
In questo scenario artefatto e inquietante la figlia Elisa vuole sposare Valerio, opportunista e adulatore valletto di casa, mentre il fratello Cleante è preso più dall'amor proprio che dai sentimenti nei confronti di Mariana. Emozioni che sembrano artefatte e capricciose ma che si animano nel momento in cui Arpagone decide di maritare la propria figlia con un vecchio possidente e accasare il figlio con una ricca vedova. Dal canto suo, l'avaro sceglie per sé la bella e giovane Mariana.
Niente sembra capace di distogliere il vecchio dai propri piani, fino al momento in cui la preziosa cassetta viene rubata, e il tesoro ora non è più al sicuro sotto terra, ma nelle mani di un ladro.
Alla fine del quarto atto, solo in mezzo al buio, l'avaro si lascia andare: "Povero mio denaro, amico mio caro... se tu non ci sei... è finita per me, non so che cosa fare al mondo".
La commedia ha poi un finale lieto, Valerio si scopre ricco possidente e ottiene la mano di Elisa, mentre Cleante ritrova il denaro rubato e lo offre al padre in cambio della bella Mariana. Tutti sembrano soddisfatti e sereni, soprattutto Arpagone che riabbraccia la propria cassetta. Ma l'amarezza perdura, anche quando i nodi si sciolgono, e il vecchio Arpagone continua a soffrire le pene d'amore, per il denaro.







  Altre in "Teatro"